ALTRI DUE PUNTI PERSI E LA LACUNA ATAVICA CHIAMATA GIOCO: RIBERY DA SOLO NON BASTA. LE SCELTE DI BEPPE E LA FRENATA DI CHIESA, IL GOLDEN BOY CHE FATICA A FARE IL GRANDE SALTO: LA FIORENTINA RESTA NEL LIMBO. STADIO: INCONTRO FOSSI-REGIONE, CAMPI CORRE
Meritava di vincere, la Fiorentina. Due gol annullati in circostanze sfortunate, una traversa e almeno un altro paio di occasioni sciupate, sono abbastanza per dire che i tre punti Beppe se l’era guadagnati. La squadra però vive di strappi, di giocate individuali e quindi estemporanee. Alla Fiorentina insomma manca il gioco, una lacuna ormai atavica che diventa decisiva quando giochi contro le piccole e dovresti capitalizzare il teorico vantaggio offerto dal calendario. Al Franchi, la Fiorentina ha perso col Lecce e pareggiato con Genoa, Spal e Brescia: zero vittorie contro le ultime, un macigno che intralcia il cammino e lascia la Fiorentina in un pericoloso limbo.
Per correggere il difetto non è bastato neppure il cambio di allenatore, perché con Iachini la squadra si è compattata e ha fatto punti importanti, ma ha pure sbattuto contro le difese schierate. Le scelte di Beppe stavolta non hanno convinto. Chiesa largo alla Lirola (ne parleremo più avanti) si perde in inutili corse sfiancanti, Pulgar e Duncan insieme vanno bene quando devi distruggere ma non quando devi impostare. Eppoi i cambi: Ghezzal messo e tolto, Lirola a sinistra e i due minuti (!) concessi a Cutrone e Sottil, quando ormai era chiaro da tempo che Ribery e Chiesa avevano finito la benzina.
In questo contesto, neppure quel gran campione di Franck, con una prestazione di classe e volontà, è stato sufficiente per battere una squadra piena di assenze e con una formazione obiettivamente da Serie B. Manca un bomber da 20 gol, dicono in molti. Un’ovvietà verrebbe da rispondere, ma in Serie A, gli attaccanti che garantiscono un bottino del genere, si contano sulle dita di una mano e costano una tombola: Immobile, Lukaku, naturalmente Cristiano, Lautaro, forse Zapata e Belotti. Stop. Gli altri possono essere grandi giocatori (come Dybala, Mertens o Milik, tanto per fare qualche esempio), ma da soli non offrono questa quantità di reti. Il calcio infatti è un gioco collettivo, puoi essere bravo quanto vuoi, ma da solo non raggiungi gli obiettivi. Di Vlahovic si dice spesso che è acerbo: ma quante palle ha avuto con il Brescia? Forse due, di cui l’aveva buttata dentro. E quanti cross gli hanno offerto gli esterni, Chiesa compreso? Sinceramente non se ne ricordano. Così è dura per tutti.
Proprio Chiesa è uno dei temi irrisolti. La sua stagione è un vorrei ma non posso, un misto di incertezze dovute a tante cose ma soprattutto alla sua fatica ad imporsi. Il golden boy arrivato alle luci della ribalta con una facilità entusiasmante, si è come frenato. In attacco segna poco, da esterno sceglie quasi sempre la soluzione personale. Finora gli è mancato il salto definitivo, quello che doveva consacrarlo campione, anche se è giusto dire che gli alibi non mancano: ha avuto un’estate difficile, ha dovuto ricostruire il rapporto con ambiente e società e troppo spesso è stato scelto per lui un ruolo che non gli si addice. Iachini lunedì lo ha fatto giocare esterno del 3-5-2: lì spende un sacco di energie, ma finisce per stare troppo lontano dalla porta. Andrebbe messo nelle condizioni di giocare in un 4-3-3 puro come quello di Mancini in Nazionale, che però, né Montella né Iachini hanno mai usato convinzione. Di sicuro da Fede ci si aspetta di più. Anche perché di questo passo si va incontro a un’altra estate difficile, tra le difficoltà di arrivare a un accordo per il contratto e quelle di veder arrivare un’offerta da 70 milioni che convincerebbe Rocco a lasciarlo andare. Con la Lazio peraltro Chiesa non ci sarà, e questo porterà Iachini a confermare il vecchio 3-5-2, con Ribery seconda punta e Lirola sulla fascia. In difesa dovrebbero tornare Milenkovic e Igor (Caceres, alla prestazione orrenda, ha aggiunto pure un bestemmia), ma al di là dei nomi servirà la Fiorentina di Napoli per fare risultato. Compattezza, aggressività e coraggio. Al San Paolo (era il 18 gennaio scorso, un secolo fa) venne fuori la serata più bella dell’avventura di Iachini. Il bis è complicatissimo, ma in questo calcio dai valori rimescolati e dal calendario impossibile (la Lazio gioca stasera a Bergamo, un bello svantaggio rispetto alla Fiorentina) ci può stare tutto. Anche che Beppe si rilanci in classifica e faccia cambiare idea a Commisso, sempre più convinto di stringere la mano all’amico Iachini ma di ricominciare con un allenatore dal profilo internazionale.
Chiusura con lo stadio: Fossi come previsto ha già portato la manifestazione d’interesse viola in regione. L’iter è partito, l’incompatibilità con l’eventuale aeroporto e con i Gigli, pare non esserci. A Firenze però, già prima della partita Nardella ha parlato a lungo con Barone e aspetta, entro questa settimana, di leggere la bozza del decreto semplificazioni: le due ipotesi corrono parallele. Chi risolverà prima i problemi, avrà il sì di Rocco. La priorità però adesso è il campionato: a forza di buttar via punti, la Fiorentina non è ancora salva.