LIPPI, La Juve? Penso solo all'Italia
Appena Marcello Lippi si congeda, la platea rimane immobile, con l'aria dei bambini che vengono scacciati dalla pasticceria, indecisi se mettere il broncio per i dolci persi o essere contenti per quelli già leccati. Aula Magna del centro sportivo Giulio Onesti, la lezione del c.t. della Nazionale chiude la serata, i ragazzi delle università romane non si danno pace. I dubbi Il capitolo "questi sono campioni, questi invece sono fuoriclasse" fa scattare subito il toto-giocatori tra i presenti. "Buffon, certo, fuoriclasse. Come Materazzi, Gattuso, Totti, Del Piero". "E Cassano?" urlano, dispettosi, dall'ultima fila. Poco prima, il c.t.
parla per più di mezzora dell'importanza di fare gruppo per essere vincenti. "Il Mondiale lo abbiamo vinto perché ognuno si metteva a disposizione dell'altro, nessuno primeggiava. Il gruppo lo abbiamo creato noi, in maniera naturale, tutti insieme. Non ho mai imposto niente, sono stati i giocatori a darsi delle regole. La differenza tra campioni e fuoriclasse sta in questo". Impossibile non fare sì con la testa, mentre Lippi spiega come essere vincenti. Tutti ascoltano silenziosi, dal presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, a Giovanni Malagò, presidente del comitato organizzatore dei Mondiali di nuoto, a Riccardo Agabio, vicepresidente del Coni, a Mauro Checcoli, presidente dell'Aoni (Accademia olimpica nazionale italiana).