LA LEZIONE DI CESARE E IL ‘PAZIENTE-SQUADRA’ CHE NON HA PIÙ ALIBI: O SI RIPRENDE O…

26.03.2021 10:56 di  Stefano Prizio  Twitter:    vedi letture
LA LEZIONE DI CESARE E IL ‘PAZIENTE-SQUADRA’ CHE NON HA PIÙ ALIBI: O SI RIPRENDE O…

La prima volta che se ne andò, fu cacciato via, non con un atto diretto, onesto e aperto, ma nella maniera melliflua della gestione marchigiana, cioè spinto alla porta, poi giunto sulla soglia, messo fuori con un calcio nel culo, dando la colpa a lui, vi ricordate le accuse di intelligenza con la Juve? Rinfocolate dai soliti giornalisti compiacenti, gente che è in auge tutt’oggi perché certi barboncini della penna, galleggiano in tutte le stagioni. Stavolta invece, Cesare Prandelli si è dimesso da sé, con  una lettera pubblica  che tutti, o quasi, hanno definito bella e umana. Prandelli quindi è andato e ad allenare la Viola, c’è già Iachini.

Cesare, nella gara col Milan si era innervosito ( non invano visto il furto perpetrato a danno della Fiorentina), fino ad incassare un giallo dall’arbitro, lui, proprio lui che aveva glissato con signorile aplomb sul delitto di Ovrebo che cacciò la Forentina dalla Champions, malgrado un fuorigioco di metri, questo nervosismo, assieme alla dichiarazione ‘ sono stanco’, dopo la vittoria col Benevento, ci avevano messo in allarme. Infine le dimissioni, un’altra ‘lezione’ di stile e valori umani. Cesare e Firenze, se le sono scambiate in tanti anni di affetto reciproco e conoscenza, lezioni reciproche e memorabili, che non saranno trofei in bacheca, ma valgono come medaglie, vittorie morali degne di memoria.

Come quando morì Emanuela la moglie di Cesare e il il Franchi silente e raccolto seppe insegnare all’italia intera, caciarona, cialtrona, rumorosa e plaudente, come si sta davanti al lutto di un amico.

Così stavolta Cesare regala una lezione di stile e umiltà, denunciando i suoi limiti e chiamandosi fuori, da un mondo troppo veloce, che muta giudizi con una violenza che lui, ma forse anche molti altri, non regge più. E allora addio, rinunciando a un ruolo di comando, ai soldi e forse, come ha ammesso lui stesso, al proseguio della  carriera di tecnico.

Una domanda, almeno una, bisogna se la faccia adesso anche l’ambiente viola ( inteso come comunità, club, tifo e stampa) che ormai macina allenatori, miti e personaggi, a ritmi  di tarantella. Si pensi solo che  nell’ultimo anno la panchina viola ha fatto fuori i due tecnici che meglio si ricordano negli ultimi anni per gioco e risultati, Montella e Prandelli appunto. Ma c’è un ultimo aspetto, che crediamo non sia sfuggito allo stesso Prandelli, al netto delle sue ‘ crisi di panico e del suo stress, il fatto che adesso la squadra non abbia davvero più alibi. La Fiorentina che è come un paziente da rianimare, sottoposta a  terapie varie, defibrillazioni e massaggi cardiaci ripetuti. Il paziente, se non si ripiglia manco adesso, se non si sveglia, significa che è un corpo morto, soltanto da tumulare, sportivamente parlando s’intende. Discorso che vale anche per la società che tra esoneri, dimissioni, ritorni, ha mantenuto  intatti solo i quadri dirigenziali più alti, ma adesso non potrà più essere così e ci vorrà un grande reset. Del resto Commisso bisogna si rassegni, i manager e i quadri aziendali, si cambiano se c’è bisogno. E di bisogno la Fiorentina ne ha in abbondanza,  anzi il bisogno sembra  l’unica cosa che non manca, dopo un biennio, i due anni d’esordio, della nuova e agognata proprietà americana che evidenzia risultati sportivi negativi.

Poi, certamente il clima intorno alla Fiorentina è nettamente migliore rispetto alla precedente gestione, ma qui si parla di calcio e contano i numeri.
Numeri deludenti,a fronte di  grosse cifre spese, di qui l’equazione dalla quale non si scappa: preso atto dei fallimenti, c’è solo da cambiare tutto e ripartire. Iachini traghetterà, col cappellino in capo,col sostegno e l’affetto di tutti, ma intanto sarà bene che Rocco Commisso scelga la nuova dirigenza e questa inizi a pensare al prossimo tecnico e alla prossima rosa.