JOVETIC "IL BUA", LE IRONIE FIORENTINE SULLA (PRESUNTA) SPALLA TONDA DEL GIOVIN CAMPIONE...
Si chiama Stevan Jovetic, ma qualcuno lo ha soprannominato già da tempo "il bua", ironizzando su una sua presunta spalla tonda, una "soglia del dolore", così la definiscono, particolarmente bassa che gli impedirebbe di incarnare il mito dell'eroe calcistico sacrificato. Del campione indefesso che gioca zoppo o col braccio al collo, a proposito l'ultimo mullah della benda alla prima banconota sventolatagli sotto il mostaccio ha fatto fagotto e se ne è andato altrove.
Lo chiamano "il bua", anche se basterebbero i suoi numeri snocciolati a mettere in imbarazzo i simpatici coniatori del neologismo, tutto fiorentino, ma della parte provinciale e trista. La parte che ha schernito i Liverani e i Rui Costa, talvolta i Toldo e i Batistuta, tanto per citare a sprazzi alcuni dei calciatori che più hanno dato alla maglia viola negli ultimi anni, ma che pur sono stati discussi. E si che c'era chi li riempiva di contumelie e facili ironie. A Firenze spesso è questione di guerra di religione, di vecchie divisioni tra bianchi e neri, i pro tout court e i contro ad ogni costo. Impegnati in una perenne e inane rissa che forse serve a passare il tempo in una città in cui succede pochino.
Oggi tocca a Viviano, uno a cui non puoi dare una (meritata) insufficienza in pagella senza il timore di dare la stura al più pervicace becerume degli anti a prescindere, quelli che un giorno - sa Iddio perché - han deciso che l'Emiliano tifoso e portiere non era "bono" e portano avanti l'assioma che piova o splenda il sole. Oggi tocca a Jovetic, uno che forse ha la colpa d'essere un po' freddino coi tifosi, troppo professionista, poco aduso alla lappata populista. Uno che ha la testa sulle spalle e manco ci pensa a farsi un tatuaggio col giglio, salvo poi farcisi spalmare sopra la zebra bianconera. Jovetic è così, ragazzo sveglio, di talento, consapevole che la Fiorentina è una grande opportunità della sua carriera. Una, non l'unica. Qualcuno dotato di sale in zucca saprebbe dargli torto? Poi magari il tempo ci sorprenderà, perché solo i risultati e le vittorie, nel calcio di oggi, possono convincere i campioni a restare in una squadra.
Jovetic detto "il bua" è una persona che a differenza di qualche vecchio giovine giocatore di una strana squadra del nord-ovest italiano connotata da colori grigi e tristi, non accetta di sorbire, in bocca e o in vena, qualunque cosa gli voglia propinare il camice bianco sociale. Un uomo che sceglie liberamente e decide quando sta al top, quindi quando è giusto mettersi a disposizione della squadra (a proposito ieri, come ha detto Montella, lo ha fatto per la partita con la Juve Stabia) sapendo non di occupare un posto libero, ma di poter dare il massimo. Un calciatore che quando sente dolore semplicemente non se la sente di fornire la prestazione, specie se non si tratti di disputare una partita decisiva per le sorti del club.
Jovetic è un giovane uomo che ha capito che nel calcio contemporaneo, quello che al massimo consacra amori di fatto e pochissime volte amori per la vita, il capitale di un giocatore è se stesso. La propria integrità fisica, presente e futura. Ed ecco che quelli che non amano il vero, ma il verosimile, coloro che preferiscono l'ammiccamento farlocco della peripatetica ai discorsi noiosi e sani della moglie, s'inalberano con lo scontroso Jovetic. E lo chiamano "il bua", concionando sulla sua assenza talvolta reiterata, sul forfait imprevisto, sul cuore che egli non getterebbe oltre l'ostacolo. Pazienza. Crediamo che il professionista Jovetic abbia messo nel conto anche questo. Basta tuttavia essere consapevoli che è anche questo un modo per spingere altrove i campioni della propria squadra.
Stefano Prizio
giornalista di Radio Toscana e Squer.it