"VIOLAZZURRO" E come promesso... Felipe Melo si mangiò Montolivo
Felipe Melo ha mantenuto la promessa. Pur senza farne brandelli ed evitando inutili spargimenti di sangue il "leone" brasiliano si è sbranato la "pecorella" Montolivo. Eppure lo scambio di battute della vigilia, fra i due centrocampisti viola, era stato godibile: Felipe, cosa farai quando ti troverai di fronte Montolivo? "Me lo mangio" fu la risposta, accompagnando il tutto con un morso simulato dalla mimica facciale. Nessuna smorfia, invece, da parte di Riccardo, che si limitò ad una risposta secca: "Ah si? E io allora gli faccio il tunnel..." Peccato, sarà per la prossima volta. Sgombriamo, comunque, il campo dagli equivoci; il brasiliano non ha fatto mirabilie nè giochi di prestigio (a quelli ci ha pensato Robinho), ma è stato sempre in partita. Detta così può sembrare un dettaglio, ma non lo è nei fatti. Felipe Melo ha giocato il solito gran numero di palloni, è corso sovente in aiuto del compagno in difficoltà, si è proposto per lo scarico palla, ed intelligentemente ha giocato semplice, conscio che l'emozione avrebbe potuto tradirlo da un momento all'altro se avesse tentato qualche giocata sopra le righe. In poche parole, ha sfruttato bene la chance che gli era stata offerta. Montolivo, da parte sua, ha semplicemente dimenticato di giocare, come gli è quasi sempre capitato in Nazionale. Non ho difficoltà ad ammettere che "Montolo" è un giocatore che, personalmente, mi lascia perplesso. Grandi mezzi, grandi qualità, grande corsa, scarsa personalità, scarsa intraprendenza, almeno fino a qualche settimana fa. Poi la crescita, quasi improvvisa, in maglia viola e barlumi da condottiero del centrocampo. Vado controcorrente e dico che, contrariamente al giudizio della stragrande maggioranza degli addetti ai lavori (leggi giornalisti ed opinionisti) domenica contro la Lazio il "talento" mi era sembrato addirittura uno dei più positivi (o dei meno negativi, fate voi).
All'Emirate Stadium si è rivisto il vecchio Montolivo, quello che si estranea, quello che tocchetta senza incidere, senza provare la benchè minima iniziativa. La crescita di un calciatore passa anche dalle amichevoli internazionali, sopratutto da queste grandi amichevoli, che tali non lo sono mai fino in fondo. Montolivo ha perso un occasione importante per misurarsi con fuoriclasse di calibro mondiale e con lui l'ha persa, probabilmente, anche Gilardino. Certamente mal servito, abbandonato a se stesso nella morsa di Juan e Lucio, ma impalpabile come nelle ultime giornate viola, dove comunque si era conquistato la pagnotta. Anche per il "Gila" si rinnova un problema di personalità, almeno a livello internazionale. Seppur campione del mondo, Alberto non da mai quella sensazione di riuscire ad imporsi sul palcoscenico europeo e mondiale. Sensazione che, pur senza grossi voli pindarici, riesce ancora a dare Luca Toni (ahimè, nell'evidente parabola discendente della sua carriera). Il "Gila" questo, per ora, non riesce a farlo anche se siamo convinti che un giorno ci arriverà. Chiudiamo con una battuta: il viola in campo con la grinta giusta era quello a bordo campo, senza scarpette, munito di un abbigliamento esteticamente discutibile fatto di paletot, golfino giallo sbiadito e maglietta della salute. Dunga ha confermato una volta di più il proprio spirito di guerriero e di indomito combattente, e parafrasando il principe De Curtis..."Vincenti si nasce, e lui lo nacque."