ADDIO MARIO MAZZONI. SERVE UNA VITTORIA PER RICORDARLO. TIFOSI VIOLA IN MASSA A PARMA PERCHE’ L’AMORE E’ UNA COSA SERIA

18.05.2019 00:00 di  Mario Tenerani   vedi letture
ADDIO MARIO MAZZONI. SERVE UNA VITTORIA PER RICORDARLO. TIFOSI VIOLA IN MASSA A PARMA PERCHE’ L’AMORE E’ UNA COSA SERIA
FirenzeViola.it

Si è spenta una luce viola, potente, bella, una delle stelle che illuminano il cammino della storia di un club. Mario Mazzoni, classe 1931, ieri mattina in un attimo ci ha salutati, in punta di piedi, come era solito fare. Maestro assoluto di calcio, artigiano di campioni e di buoni giocatori, un allevatore, li chiamavano così quando i vivai italiani erano roba seria. Il percorso di una società è lastricato di uomini che hanno speso la loro vita o una parte importante di essa per la maglia, dandosi completamente prima di chiedere. Sono “missionari” viola, abituati a qualsiasi condizione atmosferica: non si piegano sotto il vento della bufera e non si fanno belli al sole dei trionfi. Non cercano la luce dei riflettori, si sentono a loro agio solo nella penombra della bottega. Dove si lavora a testa bassa per la causa, senza presunzione, egocentrismi, abolendo l’io a favore del noi. Uomini così li trovi tutti giorni al campo, non solo quando si vince. 

Mario era umile e dritto, forte dei propri valori, tecnici e morali che aveva ricevuto in dote da ragazzo e che sapeva trasferire ai propri allievi. Sono tanti i calciatori che gli debbono qualcosa e anche chi scrive perché Mario ha saputo insegnare pure ai giornalisti, senza farsene accorgere. Questa era la sua grandezza. 

Era stato un ottimo centrocampista, periodo migliore a Bari, in tutto dieci anni -, proprio l’anno scorso lo avevano festeggiato come i grandi meritano -, ma il suo amore indissolubile era la Fiorentina. Tifoso viola nell’anima, innamorato pazzo della sua squadra, così tanto da non resistere in panchina più di 5 partite in una stagione di patimenti atroci - campionato ’77/’78, subentrato al posto di Mazzone e poi sostituito da Beppone Chiappella - perché per un fiorentino come lui rischiare di portare in B (per la prima volta nel dopo guerra) l’amore della vita sarebbe stato un dolore troppo grande da sopportare. Lo confessò al presidente Melloni che seppe comprendere perché Mario era trasparente come il vetro. 

Era stato Mazzoni a convincere tutti ed a imporre un centravanti brevilineo, sgusciante come una biscia, Ezio Sella, arrivato dalla Viterbese. Vivacchiava ai margini della prima squadra, ma il giovedì in partitella riempiva l’occhio sapiente di Mario, allenatore in seconda. La Fiorentina al mercato di ottobre, si chiamava di riparazione, aveva preso un centravanti declinato al trapassato remoto, Pierino Prati, e in attacco perciò era crisi nera. Fu “Eziogol”, idolo della Fiesole, a firmare i gol decisivi, ma anche gli altri figli del meraviglioso settore giovanile viola ci dettero dentro: Galli e Di Gennaro, ad esempio, che qualche anno dopo avrebbero giocato ai Campionati del Mondo e vinto i loro trofei lontano purtroppo da Firenze. Antognoni, capitano coraggioso, andava in campo nonostante il tallone infiammato lo torturasse (a proposito di senso di appartenenza). Chiappella alla trentesima e ultima gara portò in salvo la Fiorentina grazie ad un gol differenza reti sul Foggia, una domenica da coronarie di ghisa. Quattro dei 25 punti totali, allora la vittoria valeva 2 punti, li aveva portati Mario. Perché Mazzoni era un vincente. In decenni di Fiorentina ha fatto l’allenatore in prima solo 16 volte (comprese le 5 del ’78) eppure è sempre stato decisivo. Nel girone conclusivo di Coppa Italia ’70/’71, quando Oronzo Pugliese aveva già fatto le valigie (salvezza in extremis contro l’Inter scudettata di Invernizzi), sfiorò per un solo punto la finale dopo 4 incontri giocati al meglio. Nel ’75 si rifece quando, subentrato a Nereo Rocco, guidò i viola per 6 partite nel girone e alla settima, in finale, batte’ il Milan di Albertosi, Benetti e Chiarugi, conquistando la Coppa Italiia, la quarta della storia della Fiorentina. 

Servirebbero pagine e pagine per raccontare il patrimonio enorme che ci ha lasciato Mario Mazzoni, ma lui non gradirebbe, schivo com’era. E allora toccherà alla Fiorentina, domani a Parma, onorare il ricordo di Mazzoni, portando a casa una vittoria che manca da troppo tempo. Uno scatto di orgoglio per la classifica, per la salvezza (che tristezza, ma è l’amara realtà), la tradizione e per i tantissimi tifosi che si presenteranno al Tardini. Solo chi non conosce i sostenitori viola poteva dubitare della loro presenza copiosa in un frangente così difficile. Non hanno bisogno di appelli o pistolotti di basso cabotaggio per muoversi in massa e aiutare una squadra al centro di una gravissima condizione. Al di là di una frattura ormai definitiva con il vertice della Fiorentina, della resa dei conti dettagliatamente annunciata dai club della Fiesole, del bene e del male, i tifosi saranno la stampella di una squadra finita a pochi centimetri del baratro. Loro sanno perfettamente che nei momenti più duri è necessario costruire, non distruggere. Perché la Fiorentina è una cosa seria. Come l’amore per i viola.