CHIESA, Regala ai viola consigli Champions
Le punizioni come le calciava lui — e a 38 anni indossati con disinvoltura le calcia ancora, in Seconda divisione, ex C2, con la maglia gialloblù del Figline — a Firenze se le ricordano eccome. Rasoiate che bruciavano l’aria e paralizzavano i riflessi del portiere, difficilmente la parabola sibilava fuori dallo specchio della porta. Imbastire paragoni ha il valore di un giochino, ma probabilmente sui calci da fermo anche gente dal piede sensibile e dalla balistica cannoneggiante come Mutu, Montolivo e Vargas avrebbero di che imparare da lui. Enrico Chiesa, cavaliere errante del pallone, ieri era ospite de «La Nazione» per parlare del Figline, la sua ultima squadra — due anni di contratto —, prima in classifica con il Viareggio. Inevitabili due parole sulla Fiorentina. In viola dal ’99 al 2002, 59 presenze con 34 gol, a Firenze (dove poi ha scelto di abitare, sarà un caso?) Chiesa ha vissuto dai momenti esaltanti della Champions a quelli tellurici del crollo dell’era Cecchi Gori. Da bomber a bomber, l’attaccante genovese non risparmia un’analisi su Alberto Gilardino, in pochi mesi trasfigurato da oggetto del desiderio del popolo viola a nuova bandiera del «Franchi». Riflette Chiesa: «Sì, adesso il Gila è un campione rigenerato. Anche perché a Firenze c’è una diversa cultura calcistica rispetto a Milano. Anche qui se sbagli alla fine ti fischiano, ma c’è molta più pressione se giochi in rossonero. A San Siro sbagli un tocco, toppi una partita, fallisci un paio d’occasioni di seguito, e alle spalle ti trovi subito 4 o 5 compagni che spingono per prenderti il posto in squadra».
ANCHE sul momento della formazione di Prandelli, Chiesa ha le idee chiare: «La squadra paga ora la preparazione impostata, com’era inevitabile, sui preliminari di Champions. Accadde anche alla mia Fiorentina, con i preliminari del ’99, ad agosto contro i polacchi del Lodz. La Fiorentina di adesso ha vinto lo spareggio con lo Slavia, ma è bastato uno zero a zero sfortunato con la Steaua per far diventare la doppia sfida con il Bayern un’altra finalissima, ancora più dura».