QUESTIONE ALLENATORE: TERIM, PROUST E LA MADELEINE
E come la madeleine de La ricerca del tempo perduto di Proust, il sapore che per l’autore francese scatena l’ondata fragorosa dei ricordi.
Così, leggendo quel nome, il nome del turco Fatih Terim, l’onda dei ricordi calcistici e di vita, mi ha travolto.
Non so se se il collega che l’ha scritta – accostando il nome di Terim alla Fiorentina e preconizzandone un ritorno – se la sia inventata, ma lo ringrazio per l’inatteso tuffo nel passato.
A quella conferenza stampa, il 27 febbraio 2001 nella saletta dell’hotel Holiday Inn c’ero anche io, un ragazzone di 27 anni, coi capelli sulle spalle e la sigaretta sempre in bocca.
Terim che si stava dimettendo clamorosamente, mi conosceva, sapeva bene chi fossi e sapeva che lo stimavo e scrivevo bene di lui, indossavo un giubbotto beige, coll’interno in pile, gambe e braccia funzionavano a dovere e infatti in mano avevo un registratore, anche se la radio era per me ancora di là da venire, ma registravo per poi sbobinare in redazione e scrivere il pezzo per il sito internet che gestivo e che di lì a poco avrei fatto diventare, con l’aiuto di pochi altri, il primo, rinomato e più ricordato sito viola.
Quindi ben venga vedere riaccostato il nome di Terim alla Fiorentina, se potessimo tornare indietro di 20 anni, lui e tutti noi, in un mondo senza il virus, raccontando una Fiorentina con gente come Rui Costa, una squadra come quella che dopo l’addio di Terim e l’arrivo di Mancini conquistò il suo ultimo trofeo, la Coppa Italia, purtroppo l’ultimo fino ad oggi. Ma poiché non si può, poiché gli anni scorrono, nella vita e nel calcio a maggior ragione.
Meglio guardare avanti.
Perché guardare indietro, ai luoghi dove si è stati bene, a come si era e non si è più, è una tentazione forte nei momenti difficili, ma è raro che il passato si ripeta.
Comunque grazie per questa ‘ notizia’ sul ritorno di Terim, boutade o meno che sia, grazie per il flusso di emozioni che ha scatenato, grazie per averci fatti sentire più giovani, e grazie per le lacrimucce che verso digitando queste ultime lettere del pezzo.
Ma come nelle favole di Esopo, tramandate da monaci medievali ai quali garbava redigere finali edificanti, così ci pare di dover trarre anche qui una morale, un insegnamento: partendo dalla buona norma che un allenatore va sempre difeso.
Anche nel caso di Prandelli sono in molti a pensare che in un’altra società, più coesa e organizzata, il tecnico di Orzinuovi si sarebbe sentito più a suo agio, anche psicologicamente, e forse non sarebbe giunto alle clamorose dimissioni, perciò chiunque sarà il prossimo allenatore, facciamo che non sia l’allenatore del presidente o l'allenatore del Ds, o quello del massaggiatore o del portiere della sede, quello dei tifosi o quello dei giocatori.
Facciamo che sia l’allenatore del club, scelto con convinzione da tutte le componenti, dal presidente in giù, scelto con convinzione, legittimato, supportato e difeso.
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