LA RIVOLUZIONE DI EDUARDO
Arrivato Pradé e celebrata la prima giornata fiorentina di Montella il meno è fatto e i nuovi uomini in viola possono iniziare a lavorare sul serio, per cimentarsi nell'impresa dell'estate, far tornare la Fiorentina una squadra vera e, fosse possibile, ridestare un po' di entusiasmo in una tifoseria che, semplicemente, non va più allo stadio e, se ci va, lo fa più per forza d'inerzia che per reale convinzione. Il compito primario del trio Pradè, Macia, Montella è essenzialmente questo, a prescindere dagli obiettivi per cui la squadra si troverà a competere nella prossima stagione. Per ottenere un simile risultato credo vadano definiti almeno tre paletti: uno sforzo economico dei Della Valle, più o meno consistente è giusto lo decidano loro; la partenza di tutti quei giocatori che hanno dimostrato di non meritare questa piazza; la creazione di un forte spirito di appartenenza, di qualcosa in cui specchiarsi, di una squadra che esprima i valori e i sentimenti di Firenze, offensiva, votata al gioco, senza paura, direi addirittura sfrontata. Se accadrà tutto questo il mio ottimismo, ne sono convinto, diverrà contagioso e Firenze e la Fiorentina torneranno ad essere un tutt'uno. Mi soffermo su questo aspetto della coesione fra la squadra e la città perché lo trovo prioritario, anche rispetto a temi d'attualità come la permanenza o meno di Jovetic, l'arrivo o meno di un grande attaccante, la costruzione o meno della mini cittadella alla Mercafir. E non credo che servano troppi milioni per un'operazione di questo tipo, insomma spendere bene anziché spendere tanto. Per questo mi viene da ridere quando leggo e sento che la Fiorentina dovrebbe andare su tipi come Borriello, Matri, Aquilani gente che ha già giocato in grandi squadre, guadagna molto, troppo e non capisco con quali motivazioni potrebbero arrivare a Firenze per fare la rivoluzione. Sì, perché il mio auspicio è che la Fiorentina e i Della Valle intraprendano una strada in totale controtendenza col calcio italiano, formando una società e una squadra aperta all'Europa, sia come metodologie di lavoro che come uomini. Purtroppo è più semplice chiacchierare o scrivere di Pizarro e Borriello che di Badelj, Strootman o Uvini, giocatori veri, loro sì, con le caratteristiche giuste per ripartire. Ma credo che in Fiorentina si stia perseguendo proprio questa squadra, sarei stupito del contrario, vorrebbe dire essermi sbagliato su Macia, un ragazzo che fino a ieri ho sentito chiamare in ogni modo: scouting, osservatore, aiutante, consulente ma a cui i Della Valle hanno dato grandissima responsabilità nel costruire la prima squadra e nel gestire il settore giovanile. Addirittura c'è già che lo accusa di essere troppo amico di Corvino e di lavorare, niente di meno, ascoltando i consigli giornalieri dell'ex ds. Mi sarebbe piaciuto che la scelta di promuovere sul campo Macia fosse stata accolta da Firenze con maggior attenzione, che se ne mettesse in rilievo la reale portata. Un ragazzo spagnolo di 38 anni, senza un passato di calciatore alle spalle e senza le porte aperte da un background calcistico, che ha lavorato a Valencia, Liverpool e Atene (Panatinaikos), parla tre lingue correntemente (spagnolo, italiano, inglese) e conosce i calciatori di ogni latitudine per aver passato giornate e nottate davanti alla tv o sui campi a vederseli è al timone della Fiorentina (insieme a Pradè), in un calcio e in un Paese dove da trent'anni al comando ci sono sempre gli stessi. A me questa cosa fa impazzire e la trovo magnifica. Scusate se è poco.
Leonardo Petri
giornalista di Canale10