ANDREA IVAN, Il nuovo re di Spagna

Difende la porta dell'Ibiza, inviolata da sette giornate.
Avevo smesso ma senza il calcio non posso vivere. Qui ritrovo Protti che per me è stato un faro. Livorno? Un errore averlo lasciato
12.11.2009 07:34 di  Redazione FV   vedi letture
Fonte: Il Tirreno
ANDREA IVAN, Il nuovo re di Spagna
FirenzeViola.it
© foto di Federico de Luca

Adesso ci saranno anche portieri freddi, equilibrati, misurati, oltreché altissimi e dai muscoli come l’ex peso massimo George Foreman. Ma vuoi mettere quando tra i pali s’agitavano le teste matte, le teste calde; i ribelli, gli estrosi. Quelli etichettati «teste da portieri», che avevano il gusto di volare di qua e di là anche se non c’era bisogno e che all’occorrenza bloccavano di piede e tentavano pure il dribbling sull’attaccante. Roberto Tancredi, che per dirla con un termine edilizio, fa il capocantiere nell’Ibiza che deve tornare in A2 nel giro di quattro stagioni, non era un portiere così ai tempi della Juve. Ma ha avuto sempre un occhio particolare per Andrea Ivan che, guarda un po’, adesso difende la porta nel paradiso delle Baleari e a 36 anni fa parlare di sé perché è l’unico portiere dei campionati spagnoli ancora imbattuto, dopo sette partite.
Andrea è fiorentino, ama i cani, la buona cucina (ha aperto un ristorante a Bergamo il «Sugo») ma soprattutto il calcio e di notte fa le ore piccole a studiare metodologie di allenamento. L’«Angelo biondo», non è alto ma caricato a molla, ha piedi vellutati da mezz’ala e un sinistro preciso e potente; si rivelò nel Poggibonsi, si confermò nel Siena e a Livorno con Protti e Chiellini, con Cannarsa, Ruotolo, Piovani e Scichilone - sotto la guida di Osvaldo Jaconi - dette vita alla stagione della rinascita che proiettò gli amaranto in serie B dopo trenta anni.
Ma lasciasti le chiavi della porta per andare alla Fiorentina retrocessa in C2
«È stato l’errore più grande della mia vita. Io amavo e amo ancora il Livorno...».
E allora perché mollasti l’ormeggio?
«Perché mi feci allettare dal progetto Fiorentina, dopo aver capito che Spinelli avrebbe puntato su Amelia. Ma dopo una stagione la società viola si appoggiò alla Gea, arrivarono tanti calciatori e diventai il secondo di Sebastian Cejas».
Ti sei sentito tradito?
«Sì. In fondo la Fiorentina è la squadra della mia città».
Perché sei ancora a Ibiza se domenica il campionato è fermo?
«Questione di voli, prendo quello di domani. Ma non vado a Firenze, ma a Bergamo per seguire il ristorante».
Al ritorno sai chi troverai a Ibiza?
«Lo so, lo so. Insieme a Tancredi verrà Protti. Io per la verità vorrei rivederlo in campo ma lui farà il team manager o comunque il secondo al tecnico Onofrio Barone».
A Protti sei sempre stato legato
«Igor mi ha insegnato tanto; ha rappresentato una svolta nella mia carriera».


Sai che Igor stava per iniziare a fare il dirigente a Livorno?
«Lo so. Hanno scelto diversamente...».
Del Livorno cosa puoi dire?
«Rivedo spesso il «derby dei seggiolini» a Pisa e altri spezzoni su «You Tube». E seguo il campionato attuale. La squadra in verità non gioca male, però si vede chiaramente che le manca un leader come lo era Protti che ci dava una carica incredibile, nello spogliatoio e in campo».
Stranezze: il Livorno non segna e tu non prendi gol.
«Prendo volentieri qualche gol, non sconfitte intendiamoci, a patto che i ragazzi si rialzino».
E il tuo record?
«In questo momento in Spagna sono l’unico imbattuto di tutti i campionati. Ma per il record mancano ancora 5 partite».
Nell’Ibiza per quanto hai firmato?
«Ho firmato per una stagione. Stinà mi ha chiamato perché a Livorno era mio procuratore e sa che vorrei chiudere la carriera in Italia. Qui il progetto è affascinante, chissà...»
Ma quanto vuoi stare ancora tra i pali?
«L’anno scorso mi ero ritirato. Ma poi ho capito che senza calcio non potevo vivere. Ora l’obiettivo sono i quaranta. Poi farò l’allenatore».
La situazione italiana dei portieri?
«Julio Cesar su tutti. Poi Buffon e Castellazzi della Samp che a me piace tanto. Ma uno sottovalutato è Coppola dell’Atalanta»
Come sei stato tu
«Può darsi. Ma se fossi rimasto a Livorno...»