SERIE A, È una Viola che non vuole appassire
A rileggere le dichiarazioni dell’ultima settimana, a qualcuno forse verrà voglia di non rilasciare più interviste.
Ad esempio, a Silvio Berlusconi e Adriano Galliani con i loro scaramantici «Attenti al controsorpasso dei viola» trasformatisi, all’ombra del Vesuvio, in autentiche jettature. Oppure a Cristiano Lucarelli con il suo «Con me in viola la Fiorentina sarebbe al quarto posto».
E’ invece portato bene il lunghissimo striscione srotolato prima dell’ultima gara casalinga da parte dei tifosi della Fiesole che hanno ringraziato, a prescindere, tecnico e giocatori per la splendida stagione disputata.
Che questo finale di campionato sia stato giocato più sul filo dei nervi che della freschezza o della tecnica lo dimostra il fatto che la Fiorentina, ancora una volta, ha iniziato a giocare davvero bene dopo essere passata in svantaggio. Inizialmente, lo schema con il doppio centravanti preparato da Cuper aveva imbarazzato la retroguardia viola, con Reginaldo piazzato sulle piste di Jorgensen, per cercare di neutralizzare la spinta del danese. La rete del Parma è arrivata da una leggerezza di Osvaldo e dall’imbarazzo di Ujfalusi e Gamberini nel gestire due clienti come Budan e Lucarelli.
A parte il gol, però, il Parma ha costruito molto poco e si è sciolto solo dopo il vantaggio viola. A quel momento, la Fiorentina ridisegnata dagli innesti di Semioli e Donadel e con Jorgensen in affanno, ha rischiato di subire il pareggio, ma è stata graziata per due volte da Reginaldo che ha sbagliato due appoggi che avrebbero potuto rivelarsi fatali. Risistemata la squadra con l’innesto di Potenza, la partita si è richiusa nuovamente tornando ad essere una gara monocromatica, tutta viola.
Difficile tenere il conto delle occasioni create e non finalizzate (tre volte Pazzini, due volte Osvaldo, una volta Kuzmanovic, con in più un salvataggio sulla linea su testa del giovane centrocampista serbo-svizzero). A far girare la partita è stato Montolivo: non solo ha strapazzato Mariga e Morrone, non solo ha messo sul piede di Santana una palla che diceva «Buttami in rete, ti prego», ma ha fatto l’uomo in più per tutto il campo, offrendo sponde sempre precise, recuperando palloni decisivi, spremendosi in un pressing che è stato di stimolo e di esempio per i compagni.
E poi, lo stadio: un occhio al campo, un orecchio al San Paolo, pregando per la liquefazione (avvenuta) del sangue di Sant’Adriano (Galliani).