LA DIFFICILE ARTE DI "ACCONTENTARSI"
Firenze, per sua natura, è piazza esigente. In queste settimane le sono brillati gli occhi per la “nuova” – e per certi versi sorprendente - Fiorentina, ma, guardandosi intorno, comincia a sentire il peso dei punti persi per strada. La sconfitta maturata a San Siro ha avuto l’effetto di una sgradevole doccia gelata perché, dopo la brillante prestazione contro la Juventus, i nerazzurri apparivano avversari largamente alla portata. E’ un campionato in tono dimesso per molti e dalle poche certezze per la stragrande maggioranza. Le quotazioni del calcio italiano sono in notevole ribasso e le performance all’estero delle nostre squadre ne sono amara testimonianza. Nel modesto panorama della serie A la Juve sembra correre da sola, con il solo Napoli capace, al momento, di tenere botta. Sono in molti ad essere delusi e deludenti: dal Milan alla Roma l’elenco e lungo e ricco di nomi eccellenti. La Fiorentina, invece, è bellina. Accarezza il pallone con i tanti piedi buoni di cui si è dotata. Fraseggi, dialoghi e passaggi di prima scaldano il cuore, ma non levano il freddo che il rimpianto per le occasioni perdute può malignamente insinuare nelle ossa. I viola faticano a chiudere partire dominate e il bel calcio, alla fine, si riduce a mera accademia se non porta a casa i punti in palio. Ad agosto, Firenze si è avvicinata alla nuova Fiorentina con lo stomaco chiuso e con i nervi che strozzavano l’appetito. Ha spilluzzicato svogliata ma ha finito, ben presto, per ingolosirsi. Il bel gioco è come un bicchiere di buon prosecco: mette allegria e appetito.
Le bollicine aprono una voragine nello stomaco che, se non riempita di qualcosa di più sostanzioso e consistente, rischia di far venire una fastidiosa gastrite. Poco meno di un anno fa la noia era la fedele compagna di viaggio dei tifosi viola. Il non gioco espresso e il grigiore che incombeva su squadra e ambiente aveva costretto il tifoso a vivere in una sorta di stato letargico dal quale, al massimo, poteva uscire per un esasperato e bilioso sussulto emotivo, per poi ripiombare nell’apatia totale. Oggi lo sbadiglio è stato accantonato ed è già un bel risultato visto il livello del campionato italiano, ma, accontentarsi, è dote rara e poco umana. Non ci si addormenta più e forse tornare ad arrabbiarsi per un immeritato pareggio o per una sconfitta in trasferta è già un segnale positivo. L’indifferenza anestetizza, mentre un ritrovato amore fa gioire e, talvolta, anche soffrire. Potremmo accontentarci di aver ritrovato la nostra passione ma, se ciò ci bastasse, forse, non saremmo più fiorentini.