FIORENTINA, COSÌ NON CI SIAMO. MEGLIO PENSARE A FAR 40 PUNTI. RESPONSABILITÀ DA DARE ALLA SQUADRA. IL CLUB SUPPORTI CESARE SU TUTTO. MANCA LA FIESOLE, MANCANO I TIFOSI. ADDIO PIETRO, AVEVI UN GRAN CUORE
Il cambio di allenatore doveva fungere da frustata di adrenalina per una Fiorentina in progressivo calo, ma non è stato così. Delle otto partite disputate in campionato, quella di ieri è stata la peggiore, per distacco. Il primo tradimento nei confronti di Prandelli che si è lanciato con l’entusiasmo di un debuttante in questa avventura. Vorremmo poter scrivere che la squadra ha giocato male, magari mettendo però qualcosa di buono dentro una partita mediocre, invece dobbiamo fare peggio, parlare purtroppo di una Fiorentina che non è proprio scesa in campo, inspiegabilmente. Serve un viaggio introspettivo, una sonda per navigare attraverso le anime dei viola perché una testa così spenta è fenomeno da analizzare. Ritmo lento, da bradipo, zero idee, nessun furore agonistico. Almeno la Fiorentina di Iachini una traccia di aggressività la mostrava. E non può essere colpa di Prandelli, non facciamo dell’umorismo per favore.
Cesare è arrivato da due settimane e sei giocatori li ha visti poco prima della chiama dell’arbitro… Già perché prima era colpa solo di Iachini che però in 31 partite complessive aveva realizzato 1,48 di media punti, non esattamente una Caporetto. Però non piaceva ed è stato sostituito anche sulla spinta di un ambiente scontento, inteso in tutte le sue componenti. Prima era stata colpa di Montella e prima ancora di Pioli, costretto alla dimissioni dopo un comunicato vergognoso che lo attaccava sul piano personale. La sensazione è che da anni, troppi probabilmente, a Firenze il dibattito sia sempre concentrato sugli allenatori. Dibattito sterile e fuorviante. Che la figura del tecnico nei tempi recenti abbia subìto un’evoluzione rivestendo sempre più una propria centralità è fuori discussione, ma demandare le fortune di una formazione esclusivamente a colui che va in panchina è profondamente sbagliato. Primo perché Mourinho non vincerebbe lo scudetto con questa Fiorentina e non arriverebbe nemmeno in Champions; secondo perché così facendo i giocatori si riparano al caldo di un mantello di alibi. I calciatori vanno seguiti, supportati, difesi quando è corretto farlo, ma ci sono frangenti in cui la loro crescita passa attraverso il carico di responsabilità che sono in grado di assumersi. Questo è uno di quei momenti: tocca a loro guardarsi dentro e ribaltare tutto perché prestazioni come quelle di ieri non hanno spiegazioni plausibili. Tantomeno giustificazioni.
Il calcio al tempo del Covid ha stimolato analisi di vario genere e sono in molti a ritenere che l’assenza del pubblico influenzi l’indirizzo delle gare in un senso o in un altro. Nel caso di specie viola non abbiamo dubbi: sta mancando la Fiesole con il suo amore, ma anche con la sua pressione. Con la Fiesole al completo forse la squadra correrebbe di più e meglio. Forse lotterebbe su tutti i palloni di più e con più vigore. Dentro ci mettiamo anche i tifosi del resto dello stadio. Ieri al Franchi si respirava un’aria da sottovuoto, con la noia che la faceva da padrona.
Fiorentina, così non ci siamo. Prandelli nel dopo gara ha dato spunti su cui soffermarsi e che destano allarme: la squadra alla prima difficoltà si mostra fragile come fosse di pasta frolla. Poi il tecnico ha spiegato che ogni giocatore tenta di risolvere da solo la partita, non ragionando di collettivo e questo è un difetto grave, aggiungiamo noi. Prandelli ha affermato inoltre che bisogna smettere di parlare di moduli perché i temi sono altri, a cominciare dal lato psicologico della questione.
La società deve fare un lavoro enorme in questi giorni, sia sui calciatori, sia in affiancamento ad un allenatore come Prandelli che ha molta esperienza, ma che deve essere supportato nelle scelte che farà. Conoscendolo non si vergognerà a mettere fuori chi cammina per il campo dando l’impressione di essere lì per caso. Non si vergognerà nemmeno a convocare qualche allenamento all’alba per dare un segnale forte. Non si vergognerà neppure di indicare la strada di uscita dal centro sportivo a chi farà di capire di essere stanco di frequentarlo.
Questa Fiorentina ha svariati problemi: il principale è che si fa fatica ad individuare una squadra di serie A che giochi peggio dei viola. Il secondo riguarda un attacco formato da Vlahovic, Cutrone e Kouame che non riescono a inviare nessun messaggio incoraggiante: sembrano tutti e tre distanti da un rendimento appena accettabile. L’attacco viola è un vuoto pneumatico. Il terzo è il centrocampo: sulla carta di gran qualità, nella pratica incapace di costruire e talvolta anche di difendere. Il quarto è Ribery: il francese è di nuovo infortunato, ma non può essere certo una colpa, semmai è il suo apporto in campo che fa riflettere. Franck prima era tarantolato anche quando le cose andavano male, ora sembra lontano. Non è escluso che il suo entusiasmo per Firenze sia un po’ evaporato: naturalmente speriamo di sbagliarci.
I rischi sono enormi: la Fiorentina è avviata ad un’altra stagione di sofferenza e la città non lo merita. Per evitare contraccolpi sarebbe meglio cominciare a ragionare sul lungo raggio dei 40 punti da conquistare per evitare sgradevolissime sorprese. Le ultime due stagioni sono illuminanti a tal proposito. Salvarsi quindi prima possibile lasciando perdere altre suggestioni di classifica che potrebbero distrarre dall’obiettivo sicurezza.
Vogliamo rivolgere un ultimo pensiero ad un grande fiorentino che ci ha lasciati due giorni, Pietro Vuturo. Desideriamo portare con noi il suo sorriso accattivante, una simpatia contagiosa e un gran cuore. Quello che gli ha permesso di essere un leader della Fiesole per tanti anni, di impegnarsi nel calcio giovanile, di calpestare il sabbione di piazza Santa Croce con il verde come colore, di interessarsi di politica, radio e sociale. Se ne va un pezzo di storia viola, ma quel sorriso, Pietro, lo terremo sempre con noi. Ciao guerriero.