CERCI, NON CAMBIARE MAI

La rubrica settimanale di Luigi Garlando, prima firma de La Gazzetta dello Sport
05.10.2011 00:00 di  Luigi Garlando   vedi letture
Luigi Garlando
FirenzeViola.it
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© foto di Massimo Benvenuti

“Cerci è il nostro Messi” urlava uno striscione al ''Franchi'' domenica scorsa. In quella scritta c’è una verità nascosta, curiosa, beffarda. Questa: Messi gioca nel Barcellona, la squadra più bella del mondo, che ha fatto scuola, contagiando anche la nostra Nazionale, che non ha ali di ruolo. Per questo oggi Alessio Cerci non è a Coverciano. Anche per colpa di Messi… Nel  Barcellona chi spinge sulla fascia non fa cross, arriva in fondo per allargare le maglie della difesa, poi torna indietro e restituisce la palla a Xavi o a Iniesta che la imbucano in verticale negli spazi che si aprono. Il Barcellona è quella splendida macchina da calcio, che tutti ammiriamo incantati, ma che uccide, per contagio, gli specialisti del calcio che da secoli ne hanno fatto la storia e la poesia. La banda Guardiola fa a meno di un centravanti di ruolo perché tanto i cross non arrivano, così in gol ci vanno le punte bonsai che non stanno mai ferme. Non servono neppure gli specialisti della marcatura, perché al centro della difesa ci stanno benissimo Mascherano e Busquet, che sono centrocampisti e così fanno partire meglio l’azione. Non voglio dire che il Barcellona sia la rovina del calcio, sia chiaro, semmai ne è l’apoteosi, però è anche vero che davanti a quella invasione di centrocampisti, tutti bravi, ma quasi tutti uguali, scappa spesso la nostalgia per un calcio lontano, quello delle figurine e degli specialisti. C’era una volta un calcio in cui l’ala doveva saltare il terzino e fare bei cross. Chi lo faceva meglio degli altri, filava dritto in Nazionale senza passare dal via, come si dice a Monopoli. Causio, Conti… Adesso saltare i terzini meglio degli altri, crossare bene e fare pure 10 gol in 11 partite non basta più. Adesso quell’ala deve sperare che in Nazionale ci sia lo schema giusto per lui. Un tempo il difensore che marcava meglio degli altri, riceveva un invito per Coverciano. Oggi non è detto. Se giochi in una difesa a tre come Cannavaro e Campagnaro e la Nazionale difende a 4, l’invito salta. L’alternativa è adeguarsi, trasformarsi. Questo è un calcio che premia i camaleonti.. Il celebrato Pirlo di questo inizio stagione è l’esempio più celebre: era un numero 10 in tempi grami per i trequartisti, si è reinventato un mestiere davanti alla difesa e ha conquistato il mondo. Preghierina ad Alessio Cerci: non cambi una virgola del suo gioco, resti il cavallone selvaggio che è, continui a galoppare accanto alla linea di gesso. Di camaleonti è pieno il mondo, di artisti istintivi no. E ne abbiamo un disperato bisogno, perché un bel dribbling resterà sempre più affascinante di un lungo possesso palla. Poi vedrà che non serve adeguarsi per arrivare a Coverciano. Prandelli è troppo intelligente per scivolare nell’integralismo. La sua ostinata fede in Balotelli dimostra quanto gli stia a cuore la valorizzazione dei cavalli di razza, anche se spesso imbizzarriti. Il c.t. sta completando il percorso ufficiale delle qualificazioni. Poi sono convinto che, al di là delle gabbie dei moduli, troverà  il modo per vestire d’azzurro Cerci, se continuerà su questi livelli. Magari ritoccando qualcosa. Perché, non vi piacerebbe un tridente Cerci, Balotelli, Rossi?  E dietro, magari, Montolivo, Pirlo, De Rossi . Nell’attesa, Cerci non cambi di una virgola. Di camaleonti è pieno il mondo, di artisti no.        



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