IL 10 E L'11
Un tempo il 10 era il numero dei Rivera e dei Mazzola. Degli Antognoni e dei Baggio. L'11 era il suo compagno fedele, l'uomo veloce pronto ad esser ladro davanti all'occasione ghiotta. Punti e virgole su una partita, quando sulle maglie l'identità era data dal gagliardetto sul cuore, quando un numero non era solo un corredo trendy ad un'acconciatura moderna o alla scarpetta con dedica. Dall'1 all'11, perché se nasci 10 altro non puoi diventare. Era un marchio di fabbrica, la carta d'identità. E lo stesso valeva per tutto l'abaco dei titolari, quando il calcio era forse poesia e non la prosa del merchandising di oggi.
A volte, però, il destino è beffardo. Perché la nostalgia canaglia torna a farsi viva quando sembra oramai destinata a rimanere chiusa a chiave nel cassetto dei ricordi, delle ginocchia sbucciate e del pallone di un tempo. L'ironia moderna racconta che la Fiorentina ha smarrito per le vie del calciomercato il suo 10 ed il suo 11. Sacrilegio, forse, ricordare i trequartisti d'un tempo e pensare ai nefasti del Tanque coi cingoli arrugginiti. Però Gilardino era il compagno fedele d'un tempo per il trequartista e per il rifinitore, l'uomo d'area di un calcio che forse oggi è troppo veloce per le sue sensazioni ed i suoi istinti.
La Fiorentina perde il 10 e l'11. Numeri che non sono un'opinione ma una forte realtà. A furor di popolo, sarebbe bello e romantico se Stevan Jovetic un giorno decidesse di vestirla, quella maglia lì. Altrimenti meglio tenerla chiusa in un cassetto, perché anche il passato merita rispetto e riverenza che non si comprano certo nello store più vicino. Poi, più che un 11, oggi servirebbe un 9. Ma stavolta lo strappo alla regola va pur bene. Manca una punta, per metterla al fianco di un 8 che 8 di un tempo non è. Questione di numeri e di mercato. Che, permettete, non sono certo opinione, ma meritano rispetto e riverenza.