BORUC, Tutto nelle sue mani
Quelle dei dodicesimi sono storie di pazienza e concentrazione. Storie di panchine e guanti poggiati anzichè indossati, di parate osservate invece che regalate, di sudore e fatica. Perché esser l'ombra di un numero uno mica è semplice: devi essere pronto ed in clima partita, anche se sai che la tua ora non potrebbe mai arrivare. Devi prepararti a raccogliere i guantoni, quando invece potrebbero restare per lungo tempo nel celofan. Queste storie un po' blues, con aria malinconica, raccontano di uomini chiamati in causa quando la posta in palio è bassa, quando la taglia sull'avversario è spicciolo di gloria e breve sussulto nel mare magnum dell'emozioni di un campionato.
Per questo essere dodicesimi non è mica lavoro semplice. Soprattutto se, come nel caso di Artur Boruc, i galloni da titolare sono onorificenza conquistata e guadagnata sui campi da combattimento d'Europa. Si dirà che la Scozia è palestra dove le guerre scoppiano quattro volte all'anno e che le altre partite sono sfide dal lignaggio basso. Ma quando voli e parate hanno neutralizzato conclusioni eccellenti, in Champions, di tiratori scelti come Torres, Cristiano Ronaldo, Lampard, Seedorf ed Inzaghi, allora l'asticella sale esponenzialmente.
Essere dodicesimi, poi, è anche saper sfruttare le occasioni. Sarebbe anche saper tacere e non alzare il guantone di sfida, quando le panchine si susseguono, ma quello dell'Artur ribelle e quasi partente, è capitolo già affrontato. Ed alle spalle. L'oggi racconta di un Sebastien Frey sfortunato ed infortunato, che serve al polacco la grande occasione. Quella d'esser titolare, a Firenze, come voleva ad inizio anno. Una stagione, perché di questo, report medici del francese alla mano si tratta, da primo ed indiscusso estremo difensore della Fiorentina. Strade, incroci, occasioni e percorsi inattesi. Essere dodicesimi è anche questo. Storie di uomini che si trovano titolari, quando meno se l'aspettavano.