RIVERA, Fiorentina esempio da seguire
L’Abatino. Lo chiamò così Gianni Brera, il suo critico feroce e implacabile. Abatino perché aveva l’aria del prete e perché aveva una minuscola cassa toracica. Abate piccolo, quindi. Ma l’abatino Rivera, in armonia con quel soprannome di stampo religioso, giocava al calcio in maniera divina. In campo usava la testa, prima ancora che i piedi. E la testa l’ha usata anche nella vita. Siccome il mondo del pallone a un certo punto gli ha sbattuto la porta in faccia, si è buttato in politica. Senza rimpianti. Troppo intelligente, infatti, per averne o comunque per dimostrarli. Fuori dal calcio, ma dentro il calcio nel senso che lo segue da vicino. Allora eccolo al telefono, l’onorevole Gianni Rivera, parlamentare europeo e consigliere di Walter Veltroni in materia di sport.
Rivera, come sta il calcio italiano?
«Boh, difficile dire. Bene sotto certi aspetti, male sotto altri. Di sicuro c’è che i tentativi di danneggiarlo in modo definitivo sono andati a vuoto…»
Calciopoli: scandalo grande o piccolo?
«E’ stato uno scandalo, grande o piccolo non lo so. La corruzione e la furbizia hanno stravolto le regole. Del resto, io non mi meraviglio più di tanto perchè la corruzione fa parte dell’umanità, è nata quando è nato l’uomo. Il fatto che trovi terreno fertile nel mondo dello sport che è fondato su importanti valori fa più sensazione. Anche se il calcio più che uno sport, ormai, è solo un grande business».
E’ servita la lezione?
«Spero di sì. Ma credo, francamente, di no».
Anche perché i dirigenti si chiamano ancora Matarrese, Abete, Gussoni, ovvero gente che comanda da un secolo…
«Appunto. Ma andiamo per ordine. Matarrese è una macchietta, semmai di buono c’è che la Lega, organo rappresentativo delle società, conta poco. Abete è da una vita dentro l’ambiente, non si sa se non sapeva o faceva finta di non sapere. Sembra comunque animato da buone intenzioni destinate a naufragare. Il settantenne Gussoni l’hanno tenuto fuori per anni per cui è il nuovo del mondo del pallone, senta come siamo messi. Lei, però, ha dimenticato Carraro, ovvero il grande male di cui il calcio e lo sport italiano in genere non riescono mai a liberarsi».
Perché il calcio, una delle prime industrie del Paese, non fa come la Fiat e la Parmalat che per risolvere le loro crisi hanno fatto ricorso a dirigenti dello spessore di Marchionne e Bondi?
«Ma lei pensa che vogliano davvero cambiare qualcosa?».
O perché non si sfruttano ex campioni come fanno in altri Paesi, basti pensare a Platini e Beckembauer?
«Vale la risposta di prima».
Detto questo, nonostante Calciopoli, nonostante una classe dirigente troppo vecchia, l’Italia diventa campione del mondo e il Milan campione d’Europa. Dove sta l’errore?
«Non c’è errore. L’Italia vince grazie ai suoi giocatori e ai suoi allenatori che sono la parte migliore del nostro calcio».
Che campionato vedremo il prossimo anno?
«Molto più equilibrato dell’ultimo. Perché Milan, Fiorentina e Lazio non partono penalizzate e perché tornano la Juve, il Napoli e il Genoa».
Scudetto a chi?
«All’Inter che mi sembra la più forte».
Il Milan?
«Ha classe, ha giocatori di valore, ha vinto la Champions catturando molti consensi».
La Juve?
«Torna in A dopo aver provato, per la prima volta nella sua storia l’umiliazione della Serie B. Non credo che sarà subito protagonista».
La Roma?
«Direi che il miglior calcio lo gioca la squadra di Spalletti. Non è un merito da poco, visto che il sottoscritto, inguaribile illuso, continua a sperare che il calcio sia uno spettacolo».
La Fiorentina?
«Porta avanti una politica dei giovani intelligente, ha una buona squadra, gioca anche bene. Mi sembra un esempio da seguire».
La Nazionale di Donadoni cos’è?
«E’ la squadra di Lippi, riveduta e corretta in minima parte. Quindi ancora in grado di vincere».
Anche senza Totti?
«Perché no? Totti è uno dei più bravi ma credo che l’Italia possa fare a meno di lui…».
E lui dell’Italia…
«Già. Quando giocavo io la Nazionale era il massimo, se non venivi convocato ci rimanevi male, malissimo. Adesso no, adesso si rinuncia alla maglia azzurra con una facilità che mi lascia di stucco. Però prendo atto che i tempi cambiano…».
Chi è il miglior calciatore del campionato italiano?
«Kakà. Nessuno ha il suo talento. Ha tecnica, stile, fisico e senso del gol. In pratica ha tutto».
Il calcio non le manca?
«Ormai sono fuori dal giro da tanti anni, il calcio è quasi un ricordo...».
E se le offrissero un incarico importante a livello dirigenziale?
«Non credo che accadrà, non me l’hanno mai offerto, sarebbero fuori tempo massimo. Comunque se avvenisse il miracolo se ne potrebbe parlare, ci mancherebbe...».
Pensierino della sera, per concludere: perché lei e Berlusconi siete nemici per la pelle?
«Non siamo nemici, siamo diversi. E sa perchè? Perchè io non riuscirò mai ad adeguarmi alla cultura del consenso totale...».