PRANDELLI, L'orgoglio del calcio italiano
Cesare Prandelli è una persona davanti alla quale è giusto, anzi obbligatorio, levarsi il cappello. Un maestro di calcio e un signore della vita. Uno che ha saputo reagire alle sventure peggiori, e non calcistiche. La Fiorentina di Eindhoven è un capolavoro come quelli che popolano i musei della città. Ha perso una manciata di minuti per prendere le misure agli avversari, poi ha dato una lunga lezione di calcio. Mancava solo che ogni tanto un giocatore del Psv si fermasse, alzasse la mano e facesse domande. Così, tanto per capire meglio quella lezione così dettagliata, così ben preparata. Quando si dice che i presidenti delle grandi squadre si innamorano di Prandelli è tutto vero. Chiunque rimarrebbe ammaliato dalla perfezione di certi meccanismi, dalla bellezza e dall'armonia di certi attacchi. Obiezione: il Psv Eindhoven non è il Manchester United, non è il Liverpool, non è l'Arsenal. Tutto vero, ma è una squadra che anche quest'anno in Champions League ha fatto la sua figura, ha affrontato l'Inter, ha sfiorato la qualificazione. E che tradizionalmente fa soffrire le squadre italiane, se lo ricorda bene il Milan quasi incastrato in una semifinale quando sulla panchina del Psv c'era Guus Hiddink.
E i meriti di Prandelli si moltiplicano se si dà uno sguardo alla filosofia che la Fiorentina porta avanti da quando è tornata in serie A. Ha il tetto salariale fissato a 1,5 milioni di euro, ha dei fuoriclasse come Frey e Mutu (non a caso protagonisti nella serata magica di Eindhoven), ha un collettivo che viene prima di qualunque esigenza dei singoli, ha dato al diesse Pantaleo Corvino l'ordine di non fare follie per trattenere i migliori. Qualcuno dice che Prandelli non sarebbe felicissimo di vedersi comprare sempre giocatori giovani, ma se davvero è così, i risultati della Fiorentina rendono ancora più straordinario il suo lavoro. Che già vedendolo in campo è un gran bel lavoro.