INTER, La più bella (e forte) del reame
Difesa meno battuta, attacco più prolifico, terza vittoria consecutiva, imbattuta dopo sette gare, ovviamente prima in classifica, un mini-solco scavato tra sé, la Roma e la Juventus. A Reggio Calabria, sabato notte, la ghiotta occasione per allungare, ritrovarsi ancora più forte. Il momento dell’Inter? Felicissimo. Indizi probanti: la squadra ha superato di slancio gli imbarazzi di agosto. Il ritardo di forma di elementi fondamentali aveva generato scricchiolii e delusioni (sconfitta in Supercoppa, pari inaugurale interno contro l’Udinese). Gongola Mancini, come sempre prematuramente messo sulla graticola: la squadra c’è, non è vittima di appagamento nonostante i due scudetti di fila conquistati. C’è voglia, grinta, carattere, forza.
Una multinazionale per nulla sazia in Italia, meditando pure di esaltarsi (finalmente) anche in Champions, dopo stagioni di delusioni. Le istantanee nerazzurre, la seconda sosta dell’anno in archivio? Eccole, in rapida sintesi.
Elogi per chi gioca poco. Chi allena una rosa extralarge come quella interista ha il dovere di tenere tutti sulla corda. Consensi, allora, per la gestione tecnica di Mancini che, in questi primi due mesi, ha riscoperto i muscoli di Samuel, fino alla scorsa stagione comprimario e nulla più. Argentino recuperato, rimotivato, decisivo. Cruz è un altro che non tradisce mai: due reti nelle ultime due partite giocate, la capacità di rendere facili le cose apparentemente difficili. Figo ha lentamente recuperato la considerazione dell’allenatore, che lo ha schierato spesso dal primo minuto, non più ad intermittenza. Dacourt ha la faccia del bucaniere: si abbina a Cambiasso, esaltandosi nella lotta e nel pressing. È stato uno dei segreti nel trionfo all’Olimpico, contro la Roma, nel capolavoro tattico disegnato da Mancini. La condizione attuale di Cesar fotografa al meglio lo stato di grazia nerazzurro, in ogni zona del campo. Un giocatore che sembrava perduto, scaricato lo scorso anno dall’Inter che lo aveva riciclato in Brasile e poi a Livorno. Cesar ha siglato la sua resurrezione, invece: brioso, lucido, devastante nelle giocate di rimessa.
Positiva la sua intesa con gli attaccanti: anche la sua riscoperta è un punto a vantaggio di Mancini, che ha dato credito alle sue velleità di riprendersi la carriera.
Ibrahimovic ma non solo. È nella logica delle cose: allo svedese, prima o poi, magari succederà di sbagliare qualche gol. Sette reti già in bacheca, una dimostrazione di strapotere fisico, di classe straordinaria. Ibrahimovic, all’Inter, ha acquisito sottoporta lucidità e freddezza. Totem nerazzurro, su qualsiasi campo. Ma il parco offensivo nerazzurro è talmente ampio che, presto o tardi, anche gli altri attaccanti torneranno ad autografare il tabellino. Cruz, mister concretezza, ha già cominciato, assoluto re dei segmenti di partita. Crespo ha colpito a strappi, ancora assente Suazo, non pervenuto Adriano. Da tutti, però, c’è da attendersi un colpo di coda, una presenza più marcata e decisiva. Crespo è garanzia, da sempre, di prodezze: perché mai dovrebbe deludere, quest’anno? Suazo è in ritardo, almeno nell’assuefazione degli schemi. Tende a risolvere da solo le partite, confezionando giocate isolate, come faceva nel Cagliari. Ha bisogno di una grande prestazione per sentirsi ancora più partecipe del progetto.
Aspettando Stankovic. Il serbo non ingrana ma la migliore condizione sta arrivando. Stankovic è un diesel, carbura strada facendo. Giocare al centro o ai lati non lo condiziona più, come ad inizio carriera. È una colonna della squadra e lo sa. Assieme a lui Mancini aspetta i ritorni di Maicon, Materazzi e Vieira. Grossi, cattivi, potenti: l’Inter, già primatista, non teme le imboscate delle rivali.