EPPURE BASTA POCO...

04.05.2012 00:48 di  Stefano Borgi   vedi letture
foto di Stefano Borgi
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© foto di Firenze Viola

"Mister, c'è un giovane calciatore che chiede di lei". Il mister si gira e... "Si, si, ho capito chi è il calciatore. Arrivo..." Pochi secondi, e via al gustoso dialogo: "Scusi Prandelli, che mi farebbe un autografo?" azzarda il virgulto, in verità un pò brizzolato... "Certo. Ti chiami Antognoni vero? Lo vuoi con dedica?" scherza il mister... "Cesare, sei un grande!" "No Giancarlo, sei tu che sei un mito". E così Cesare Prandelli e Giancarlo Antognoni si scambiano effusioni verbali, prendendo a pretesto il primo libro autobiografico del CT azzurro. "Il calcio fa bene", questo il titolo dell'opera messa in prosa da Giuseppe Calabrese, con contenuti originali di Cesare Prandelli. Tutti i proventi (ci mancherebbe) devoluti in beneficienza. E Antognoni? Giancarlo è amico personale di Prandelli, insieme si sfidano al golf dell'Ugolino, teoricamente sarebbero colleghi ("Antonio" ha un ufficio a Coverciano, lavora come coordinatore delle nazionali giovanili). Sopratutto rappresentano la Fiorentina (del passato, ma pur sempre la nostra Fiorentina) e non perdono occasione per dimostrarlo. Chi soffre di più siamo noi, poveri cronisti (per non dire dei tifosi) che li guardiamo, sorridenti, muoversi in perfetta sintonia e pensiamo: "Ma perchè questi due non lavorano insieme nella Fiorentina?" Basterebbe così poco, basterebbe un piccolo sforzo per capire che la soluzione è a portata di mano, a pochi chilometri da casa. Come dicevano i nostri nonni... "ad un tiro di schioppo".

E dire che ambedue lanciano chiari segnali: Giancarlo aspetta un cenno, un incontro con i Della Valle da almeno tre anni. E loro che fanno? Prendono Guerini, rovinando un'amicizia tra i due che durava da più di 30 anni. Cesare, di contro, sbandiera la sua altissima qualità della vita, ma chi lo conosce sa che non ne può più, che sta "sprecando" (se così si può dire di uno che allena la nazionale quattro volte campione del mondo) la parte migliore della sua carriera. Cesare sa che, alla guida di una grande squadra, potrebbe vincere tutto ed entrare nella storia del calcio mondiale. L'alternativa? Vincere qualcosa a Firenze, uno scudettino, una coppetta, regalare una soddisfazione alla gente che lo adora, che gli vuole bene. E lui vuole bene a noi. Più volte, lui stesso ha "aperto" ad un "Prandelli-bis" sulla panchina viola, invano... almeno per ora. Ieri al Meyer, l'ennesima dimostrazione: 40 minuti (cronometrati) di autografi, foto, sorrisi e pacche sulle spalle. Fino alla "gelatata" finale nella quale Prandelli si è lasciato andare ed ha ceduto ad una buona "coppetta" (vedete che la parola è sempre quella?) di pistacchio e cioccolata. Ma ci pensate? Andrea Della Valle presidente (lui sì può rimanere, sennò i soldi chi ce li mette?), Antognoni direttore generale, Prandelli allenatore. Mancherebbe uno che fa la trattativa, un uomo di numeri, da qualche parte si trova. L'importante è che ci siano loro: Cesare Prandelli e Giancarlo Antognoni, due che la Fiorentina ce l'hanno dentro. E dopo quelle immagini tremende dall'Artemio Franchi... ci voleva proprio!

 

Basta poco, abbiamo detto. La frase, ricorderete, non è nostra: la pronunciava proprio Prandelli qualche anno fa parlando del centro sportivo, della generosità di Firenze, dell'amore dei fiorentini verso la propria squadra. Dell'ultimo, piccolo scalino che la società viola avrebbe dovuto fare per diventare una "grande". "Io quando parlo della Fiorentina divento serio - ha chiosato Cesare ad una coraggiosa domanda di un bambino. Quanto ci metteremo a tornare grandi? Con la passione dei fiorentini si può risalire velocemente".  Ed uno così, la prossima stagione, lo facciamo andare all'Inter? Basta poco anche a regalare un sorriso ai bambini (nella fattispecie quelli del Meyer) sopratutto a quelli che soffrono. Cesare per loro è una specie di idolo, un padre, una guida, un esempio da seguire. Lui per loro ha sempre parole dolci, comprensive, mai banali ("ai bambini dobbiamo permettere di liberare la loro creatività, la loro fantasia...io con i miei figli ho fatto così...") e per questo non annoia mai. Perchè esprime quello che ha dentro, e non ha paura a dividerlo con gli altri. Se poi ti arriva un campione del mondo, un idolo di Firenze, il "capitano" per definizione a chiedere anche l'autografo, allora beh... hai voglia a far finta di nulla...