OCCHI PUNTATI SU...Prandelli e la "debolezza" dei nervi distesi
Paradossalmente per Cesare Prandelli questo è il momento della stagione più difficile da gestire. C’è un detto popolare che parla di una “vecchia” e di un “bisognino” che la fa trottare e mai come questa volta il paragone ci sembra indicato per fotografare la Fiorentina 2006-2007; la vecchia è evidentemente la squadra viola, incanutita da sofferenze di ogni genere ed ingiustizie perpetrate senza pietà, per di più ricurva sotto il peso di una penalizzazione che a settembre era di – 19 e solo dopo pochi mesi è diventata di -15 (sempre però un fardello considerevole). Il bisognino era l’istinto di sopravvivenza, quell’afflato che la teneva in vita e la spingeva ad andare oltre ogni limite, sicuramente oltre le proprie possibilità; e la Fiorentina ha trottato, trottato, recuperando velocemente tutti gli avversari, guadagnando punti e la stima incondizionata dei propri tifosi, senza mai lamentarsi ma anzi, professando quell’umiltà necessaria per non accorgersi dell’impresa che si andava compiendo.
Tutto questo fino a domenica scorsa: contro il Siena la squadra viola ha mostrato la corda, ma ha vinto, soffrendo come non mai sotto un sole impietoso, ma portando a termine il traguardo che tutti le chiedevamo ad inizio stagione…la salvezza. Ebbene si, la Fiorentina da domenica scorsa, vincendo il derby toscano con il Siena è salva matematicamente. Ed ecco che la vecchia, dopo aver tanto trottato, spinta da quel maledetto bisognino, si sente di colpo in diritto di rallentare, se non proprio fermarsi, almeno rilassarsi quello si, per evitare il collasso. Il problema è che mancano ancora sette partite alla fine e la prima di queste, ieri sera a Parma, ci indica chiaramente che i nervi distesi di una squadra che ha raggiunto il proprio traguardo (che adesso sembra minimo ma che in partenza sembrava irraggiungibile) possono trasformarsi in una sottile forma di debolezza e non in un’auspicabile forza invincibile.
A questo punto entra in scena la figura di Prandelli, mister di grande sagacia tattica, umanità invidiabile, che adesso però si deve trasformare in fine psicologo per motivare un gruppo che si trova davanti ancora sei partite da disputare in apnea. Ci duole dirlo ma anche il tecnico di Orzinuovi, al Tardini, ci è sembrato in una certa confusione post-rilassatezza: dapprima l’esperimento Kuzmanovic, gettato nella mischia con appena mezz’ora nelle gambe in un Fiorentina – Torino di qualche mese fa; poi la girandola dei cambi con l’innesto di quattro punte nella speranza (vana) di raddrizzare un risultato ormai compromesso; gran finale poi con le dichiarazioni in sala stampa dove ha candidamente ammesso che la Fiorentina è in debito d’ossigeno, in precarie condizioni fisiche (“siamo in emergenza e contati”…a parte gli infortunati storici Santana e Donadel, il mister ha indicato come precari anche Liverani, Pazienza oltre un Toni chiaramente svuotato e forse mentalmente “distratto” n.d.r), e prostrata da una stagione vissuta con la “forza dei nervi contratti”. E allora il ritiro natalizio di Marbella che doveva dare linfa vitale fino a fine stagione? E una squadra complessivamente giovane che non avrebbe dovuto subire le alte temperature in virtù di una freschezza atletica superiore alla media? E il parco giovani messo a disposizione da Corvino a Prandelli, ricambi “ideali” per far riposare i titolari evidentemente spossati da una stagione massacrante?
A nostro parere quindi il problema è solo mentale e si riassume fondamentalmente nella mancanza di un obiettivo immediato; salvezza raggiunta dicevamo, Champions League irraggiungibile (e chi li prende Lazio e Milan?) e qualificazione UEFA ampiamente alla portata, anche se c’è l’Udinese da tenere d’occhio. Questo in definitiva il compito di Prandelli: inventarsi sei buoni motivi per affrontare le sei partite restanti senza cedere alla “debolezza” dei nervi distesi, quelli che hanno sconfitto, prima del Parma e di Giuseppe Rossi, la Fiorentina molle e irriconoscibile del Tardini.