QUESTO STADIO VA FATTO, FORSE ORA HANNO CAPITO TUTTI… UN’ONDA VIOLA SCUOTE LA CITTÀ: MANIFESTAZIONE STORICA E DECISIVA. ORA CHI NON RISPONDE HA PERSO
La Fiorentina non vince sul campo da 19 anni. Era il 2001 l’ultima volta che abbiamo visto aprirsi la bacheca, la Coppa Italia del capitano Rui Costa. Ma se mettessero in palio lo scudetto dei tifosi, Firenze mieterebbe trionfi in serie. E non è tanto per la passione dei sostenitori viola, anche se obiettivamente è fuori concorso, quanto per la capacità di scegliere tempi e modi di una manifestazione. Può essere una coreografia allo stadio, piuttosto che un flash mob, la questione non cambia: intelligenza, lettura politica, capacità comunicativa, fantasia, sono peculiarità che mischiate tra loro offrono un risultato di eccellenza unica.
Anche stavolta è stato così perché poi ogni occasione non è mai simile alla precedente. C’è sempre un guizzo che ti spiazza e che fa sgranare gli occhi a chi scrive: quando verso le 20,30 il piazzale antistante al centro Astori e dedicato agli eroi del ’56, ha visto sbucare escavatori, gru e camion come fossero scooter, l’effetto è stato dirompente. Il pensiero è stato: “Un altro colpo di genio dei tifosi della Fiorentina”. Applausi veri, sentiti, non formali. Doveva essere lanciato un messaggio forte, chiaro, inequivocabile e questo è arrivato. Nella settimana in cui nonostante la presenza di due comunicati diafani nella loro trasparenza (prima la Fiesole e dopo l’Atf) in città non tutti avessero capito bene quale fosse lo scopo della manifestazione, il segnale di ieri sera è stato leggibile anche per i più distratti: “Vogliamo lo stadio, a prescindere da dove sarà realizzato”. Ora forse sarà chiaro per tutti, si spera non debbano venire in soccorso dei tifosi ulteriori spiegazioni.
Certo, se fosse il Franchi meglio. E’ la casa della Fiorentina e poi non è giusto tenerlo così, visto che è un monumento. Con servizi simili a latrine da campo, scale elicoidali marce, curve fatiscenti, oltre ad una serie copiosa di scomodità. Le ruspe hanno avuto un forte impatto simbolico: buttiamolo giù e costruiamolo uno nuovo. Ma se questo non sarà possibile, andiamo a Campi o laddove vi siano condizioni ottimali per dotare la Fiorentina di un impianto degno di questo nome e in grado di assegnare un domani alla società. I tifosi lo hanno declamato da un camion sistemato nel cuore del piazzale, senza alchimie linguistiche o discorsetti buoni per la ricerca del consenso. La pazienza è finita, le scatole (è un eufemismo) si sono rotte da tempo. E non finirà qui, né finirà così. Le proteste civili, con distanziamento sociale - perché Firenze è avanti anche in questo - proseguiranno fino a quando chi è preposto a dare risposte non le fornirà definitivamente. L’onda lunga della gente viola monta sempre di più, inarrestabile. Questa volta sarà diversa da tutte le altre. Anche i salotti di cachemere rischieranno di essere travolti. Insieme a loro pure le consorterie e quei cortili autoreferenziali che rendono Firenze ingessata. I rosiconi avranno vita dura nell’imporre le proprie condizioni.
Joe Barone si è commosso parlando di Fiorentina, era in mezzo al suo popolo. Anche lui ha ribadito il desiderio di restare al Franchi perché la sede naturale è quella, ma il direttore generale, col pragmatismo degli americani, ha pure aggiunto che se ciò non sarà attuabile, la Fiorentina andrà a Campi. Il quadro è perfettamente delineato: adesso la politica chiamata per postulato a produrre risposte, dovrà produrle. Non si tratta di gestire un capriccio, ma un fiume di anime viola che altro non sono che cittadini. Con le loro sensibilità e le loro opzioni elettorali. Il dissenso ha la stessa forza del consenso: si esercita. La manifestazione di ieri è stata storica, piena di sentimento perché il senso di appartenenza di una comunità è l’aspetto più bello della condivisione, e decisiva. Da oggi il problema è servito, sotto gli occhi di tutti. Va risolto e se questo non si verificherà qualcuno perderà la partita. Impiegherà il tempo successivo a leccarsi le ferite. Questo stadio va fatto.