LEON, Fantasia e anarchia al potere
Fonte: Gazzetta.it
E’ istintivo e spavaldo. Non ha paura di niente, anche di provare colpi che qualsiasi altro giocatore “normale” neppure si azzarderebbe a immaginare. Dribbling, discese sulla fascia e tiri: è questo il repertorio di Julio Cesar de Leon, che domenica con la sua prima doppietta in serie A, è andato a un passo dal regalare al Genoa una pirotecnica vittoria sul Palermo. Il pareggio finale non sminuisce affatto la grande prestazione del fantasista honduregno che, dopo un inizio di stagione nelle retrovie, sta crescendo partita dopo partita.
RITORNO A REGGIO - La formazione rossoblù si affida alle sue giocate per affrontare l’insidiosa trasferta di Reggio Calabria: qui però Leon dovrà fare i conti, oltre che con marcatura degli avversari, con l’emozione di ritrovare la squadra che lo ha portato in Italia. Sarà un mix di sentimenti contrastanti: gratitudine, certo, perché senza il presidente Foti non avrebbe potuto realizzare il sogno di giocare nel calcio italiano; ma anche, nonostante lui neghi, tanta voglia di rivalsa, di far vedere che grosso errore ha fatto chi non ha creduto in lui. Arriva in Calabria nell’estate del 2001, nell’infornata di acquisti che permette alla società amaranto di riconquistare immediatamente la serie A. Un periodo indimenticabile, durante il quale tuttavia Leon non si dimostra pronto per il salto di qualità: chiuso nel suo ruolo dal giapponese Nakamura, comincia a essere mandato in prestito in giro per l’Italia.
MAZZARRI CI CREDE - Fiorentina, Catanzaro, Sambenedettese, Teramo: in pratica ogni sei mesi una squadra diversa, una continua altalena tra B e C1 senza mai riuscire a mettere in mostra appieno il proprio talento. Risultati che non arrivano, risposte che non sono positive: il rapporto con la società calabrese, che continua a essere padrona del cartellino, piano piano si deteriora. Nessuno dei tecnici che guidano la formazione amaranto vuole puntare su di lui: il primo a farlo davvero è Walter Mazzarri che, ironia della sorte, ora siede sulla panchina dell’altra squadra di Genova. Alla fine dei processi di Calciopoli la Reggina si ritrova pesantemente penalizzata e la salvezza sembra poco più che un miraggio: il tecnico livornese riesce però a costruire una squadra vera, che gioca un calcio divertente e non ha paura di nulla.
Leon, che si sente finalmente apprezzato e utilizzato al meglio, esalta le caratteristiche di Amoruso e Bianchi: il Granillo impazzisce e il miracolo è sul punto di compiersi.
ECCO IL GENOA - Durante il mercato di gennaio, però, arriva l’offerta del Genoa che, in B, sta cercando i rinforzi giusti per giocarsi la promozione con Juve e Napoli. Sul tavolo ci sono quasi 4 milioni di euro (nell’operazione rientra anche il centrocampista Carobbio) e Foti non se la sente di rifiutare: Mazzarri e i tifosi non gradiscono ma l’attaccante dell’Homduras sbarca a Genova. E’ l’uomo giusto per cambiare passo nella serie cadetta: la tendenza all’anarchia tattica, tuttavia, lo porta a entrare in contrasto con Gasperini. L’ex allenatore del Crotone adotta un 3-4-3 in cui i due esterni d’attacco devono sacrificarsi in copertura: non è semplice imprigionare il talento di Leon in uno schema rigido. Entrambi hanno il buon senso di venirsi incontro: il giocatore limita le sue scorribande, il tecnico gli concede maggiori spazi e minori responsabilità.
PENNELLATE - Le sue specialità sono le punizioni: tanto per presentarsi, ne infila subito una al San Paolo quando mancano un paio di minuti alla fine e i padroni di casa sono appena andati in vantaggio su rigore con Calaiò. Poi si ripete contro il Treviso. E quest’anno con il Palermo arriva la terza perla. Gasperini gli ha affidato il compito di dare al Genoa quell’imprevedibilità necessaria per vincere in serie A. E lui ora si diverte, come quando da bambino in strada cercava di dribblare i cani con il pallone e andava a dare la caccia alle iguane con gli amici: “Se erano piccole le prendevamo con le mani. Poi ce le mangiavamo, avevano un sapore buonissimo...”.