SERRATA

25.08.2011 20:00 di  Marco Sarti   vedi letture
SERRATA
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© foto di Morini Giacomo

Vorremmo parlare di calcio giocato, di campo e di schemi tattici. Oppure di mercato, di trasferimenti, di trattative concluse o sfumate. Invece - e sta diventando un abitudine - si parla anche oggi di Lega, Assocalciatori e di sciopero. E proprio questo sembra il futuro, lo sciopero. Almeno la prima giornata, salvo clamorose sorprese, non si giocherà. E' questa l'indicazione che viene fuori dalla sede della Federcalcio in Via Allegri dopo una giornata campale che ha visto protagonisti a suon di comunicati stampa i vari Beretta (presidente di Lega), Abete (presidente Federcalcio) e Tommasi (presidente Associazione calciatori).

E proprio lo spostamento dal calcio giocato al calcio "istituzionale" resta la nota più deprimente di tutta questa situazione. In un periodo tradizionalmente totalmente monopolizzato dalla voglia di calcio giocato dopo i lunghi mesi estivi, si arriva alla quasi ripresa del campionato con già le scatole piene di assemblee, riunioni e prese di posizione dall'una e dall'altra parte. La questione si fonda sul rinnovo del contratto collettivo. Un contratto standardizzato di lavoro per i calciatori, una sorta di canovaccio base su cui fondare ogni tipo di accordo tra società e giocatore. E il punto della discordia è l'Art 7, che prevede la possibilità di organizzare in più gruppi gli allenamenti delle rose quando esse risultino così numerose da non garantire il buon andamento degli allenamenti. Detto così sembra pure facile, il problema è che l'Assocalciatori vede in questa norma una specie di forma di emarginazione mascherata di un calciatore non desiderato alla società (i cosidetti "fuori rosa"). Le società, dal canto loro, vogliono introdurre questa norma per salvaguardarsi da nuovi casi Pandev-Lazio.

Il secondo punto in questione resta il possibile (ancora non certo perché ancora non introdotto dal governo nella manovra finanziaria) "contributo di solidarietà" a carico dei contribuenti sopra un certo tetto di reddito annuo. Le società hanno subito dichiarato che non saranno loro a pagarlo ma lo faranno i giocatori, singolarmente. Una posizione precisa dell'associazione dei calciatori, in questo caso, latita. Fuor di alcune dichiarazioni di principio piuttosto vaghe del presidente Tommasi, ancora non c'è stata alcuna presa di posizione netta e precisa. Cioè, il tanto sperato "si, non ci sono problemi, pagheremo il contributo noi" non c'è ancora stato. E le società anche in questo caso hanno paura che siano loro a dover farsi carico di questa imposta straordinaria (non solo perchè "una tantum", straordinaria anche perché, si calcola, graverebbe per ben 50 milioni di Euro sui bilanci della Serie A)

La situazione, evidentemente, è molto ingarbugliata. Gli interessi economici sono troppo grandi e, di principio, il diritto allo sciopero deve esser garantito a tutti (anche se, in questo caso, si tratta tecnicamente di differimento visto che la giornata non viene cancellata, viene solo posticipata; con la conseguenza anche che i calcitori prendono comunque lo stipendio anche se incrocieranno le braccia). Ma, a prescindere dalla legittimità (ogni lavoratore ha il diritto di scioperare, art. 40 della Costituzione) o dall'opportunità di uno sciopero (la situazione economica del paese "normale" è molto molto peggiore di quella in cui versano i giocatori di Serie A) quello che resta di tutta questa situazione è - ripetiamo - l'assoluto fastidio di chi, come noi e come i tifosi, non si aspettava altro che veder giocare a calcio. E come ha detto Zeman, gli unici che ci perderanno da questa situazione saranno, come sempre, proprio le persone normali: in questo casi i tifosi.