MINA, Dai gol del Mondiale in Russia al mezzo flop inglese
Forse un po' perché prima c'è stata curiosità nell'acquisto di Arthur, forse un po' perché negli ultimi giorni il focus si è spostato sui centravanti e forse anche un po' perché, diciamocelo, i tifosi si aspettano altri movimenti in quel reparto, ma l'arrivo di Yerry Mina sulle sponde dell'Arno è passato abbastanza in sordina. Eppure, come se la sua carriera fosse rappresentata dalla trama del meraviglioso "C'era una volta in America", anche l'ascesa - e la discesa - del roccioso difensore colombiano potrebbe essere descritta in tre fasi: una giovinezza, un apice e, infine, un tracollo.
I primi anni di carriera, trascorsi tra Colombia e Brasile con le maglie di Deportivo Pasto, Santa Fe e Palmeiras ne misero in mostra le grandi potenzialità: forza fisica, buone letture difensive, grandi abilità nel colpo di testa e, soprattutto, tanta, tantissima ambizione. Fu in quel periodo che arrivano le prime grandi soddisfazioni della carriera: le convocazioni con la maglia dei cafeteros, la conquista del campionato brasiliano, il trasferimento in Europa e infine il sogno di qualsiasi bambino, il Mondiale con la propria nazionale.
E' qui che per Mina si apre il secondo capitolo della sua carriera: quello dell'ascesa. Messosi in luce con la maglia verde del Palmeiras, il Barcellona decise, nel 2018, di portarlo in Catalogna per 10 milioni di euro. Una cifra non banale, che probabilmente mise alcune pressioni al ragazzo e che, forse, contribuì al poco minutaggio che durante la stagione gli venne concesso dall'allora tecnico blaugrana, Ernesto Valverde. Con la Colombia però era diverso, e Peckerman non volle assolutamente privarsi del suo totem difensivo per la rassegna in Russia, (ri)mettendolo al centro di un progetto e facendo sentire un giocatore nuovamente importante. Nonostante le poche presenze in stagione, nessuno sa meglio di Yerry la tenacia con cui è arrivato a quei livelli, e ricambiò la fiducia del ct trascinando la Colombia agli ottavi di finale grazie ai gol prima contro la Polonia e soprattutto a quello decisivo contro il Senegal.
Agli ottavi la Colombia trova, in maniera sfortunata, l'Inghilterra e, dopo una partita non proprio esaltante, al 92' un rigore di Kane sembra destinato a chiudere la pratica. Tuttavia, proprio come le partite precedenti, ancora un corner, ancora un colpo di testa e ancora lo stesso esito: la Colombia era viva, al 93', salvata dal suo nuovo eroe Yerry Mina. I rigori, però si sa, sono crudeli, e ad andare avanti fu la nazionale dei Tre Leoni. Mina poté comunque dirsi soddisfatto, si era messo in mostra nella più grande manifestazione calcistica del mondo, aveva concluso con un bottino di tre gol (gli stessi di Hazard, Diego Costa e Cavani) e su di lui posò lo sguardo l'Everton, pronto a sborsare 30 milioni di euro per accaparrarsi uno dei difensori più corteggiati di quella sessione di calciomercato.
Eppure fu da quel moment, dopo aver raggiunto la vetta, che iniziò la terza fase della sua carriera: quella della discesa. I primi anni, in realtà non furono neanche così disastrosi, con Mina che divenne anche un idolo dei tifosi perché dopo ogni gol si lasciava andare ad improbabili balletti - che in Copa America suscitarono anche le ire di Messi - che spesso però finivano anche per innervosire le partite. Con il tempo però i sorrisi che suscitava nella bocca sua, dei suoi compagni e dei propri tifosi, iniziarono a irrigidirsi; Mina perse via via sempre più minutaggio e, per colpa anche di qualche acciacco fisico, l'anno scorso venne impiegato soltanto otto volte dai Toffees, che a fine stagione hanno deciso di non rinnovare il proprio contratto.
Adesso a Firenze il ragazzo, che ha ancora 28 anni, è chiamato a scrivere un quarto capitolo, quello della rinascita, e a far tornare il sorriso sulla propria bocca e su quella dei suoi nuovi tifosi a ritmo di balli dopo ogni gol segnato.