IL VECCHIO E IL BAMBINO
Terzino, mezzala, esterno alto o trequartista. Non importa in quale posizione, per Federico Bernardeschi ciò che conta è giocare a pallone. Dopo il tanto atteso rinnovo fino al 2019 con la Fiorentina della scorsa estate, è bastato poco tempo al talento di Carrara per far dimenticare ai tifosi viola le voci che solamente qualche mese fa lo davano a un passo dalla cessione alla Juventus. Dodici presenze (nove in Serie A, tre in Europa League), un gol (contro il Belenenses) e un assist (con l’Atalanta) per lui finora in questa stagione. Senza contare le prove decisive offerte con la maglia della Nazionale Under 21 di Di Biagio, della quale è ormai divenuto un leader indiscusso.
Abnegazione e spirito di sacrificio: i suoi occhi scintillanti sono l’immagine di un calcio d’altri tempi, nel quale lotta e sudore contavano romanticamente più di preziosismi tattici, blasone o manie di protagonismo. Un giocatore che mister Sousa a Firenze ha reinventato in quattro ruoli differenti, chiamandolo a sostituire prima Alonso e ora Blaszczykowsky. Un jolly, la cui determinazione continua a sorprendere esperti ed addetti ai lavori: da Lippi a Prandelli, fino al c.t. Antonio Conte. C’è addirittura chi lo ha paragonato a Johan Cruijff…
Berna però lascia che siano gli altri a commentare. Lui pensa esclusivamente a giocare a calcio, il suo sogno fin da bambino, con la personalità di uno che sa già quello che vuole dalla vita. Maglia numero 10 sulle spalle e reverenza alcuna al parlare di Scudetto. E perché no? Magari anche di Europeo 2016.
Il vecchio (per l'esperienza) e il bambino (per l'età): le due facce di Federico Bernardeschi.