FIORENTINA, Ma esiste un unico colpevole?
Ed arrivò la prima vera contestazione dell’era Della Valle. In gran parte civile, pacata, anzi, quasi sommessa, ma decisa; non proprio a 360 gradi ma almeno a 180 si; perché dopo i giocatori è toccato anche, seppur in maniera, diciamo, non ufficiale, a Cesare Prandelli. Davanti alle legittime perplessità dei tifosi viola il cronista avrebbe il dovere di prendere posizione, ma, a nostro avviso, dovrebbe farlo solo se in possesso di elementi certi, altrimenti rischia di alimentare soltanto sterili polemiche. A questo punto non ci resta che formulare un’analisi che sia non asettica ma allo stesso tempo il meno soggettiva possibile.
Partiamo dalla società: l’organigramma è cambiato poco dagli anni della B se non addirittura da quelli della C2. Sottoscriviamo quanto detto da Stadio sulla necessità di una nuova figura da inserire nello staff societario, e da La Repubblica per quanto riguarda la presenza di un presidente che lo sia a tutti gli effetti e di qualcuno che tenga maggiori contatti col “Palazzo”. Ci permettiamo di aggiungere che in gran parte delle società la figura del direttore generale o dell’amministratore delegato è occupata da uomini di calcio. E che, senza niente togliere al buon Ripa, occorrerebbe dare maggior importanza alla figura del team manager. In situazioni come quelle del rigore voluto battere da Vargas, o in strani episodi verificatisi non solo quest’anno nelle competizioni europee, una figura forte e conosciuta sarebbe stata essenziale. La società è cresciuta indubbiamente dal punto di vista qualitativo dal momento in cui è arrivato Pantaleo Corvino. Ma riteniamo ingiusto e ingeneroso nei suoi confronti, e deleterio verso quelli della squadra, usarlo come “parafulmini” come accaduto ad esempio domenica scorsa. Per affrontare certe situazioni occorrono figure ad hoc, anche perché così si rischia di distogliere lo stesso Corvino da quello che è il suo compito principale e dove si è dimostrato un maestro, ossia il mercato.
Allenatore: sottoscriviamo quanto dichiarato ieri da Arrigo Sacchi: “Un matrimonio può durare per sempre ma anche solo pochi mesi”. Ci rendiamo conto che il rapporto con Prandelli è del tutto particolare, visto che città e tecnico hanno condiviso momenti delicati anche fuori dal campo. Ma purtroppo nel calcio l’aspetto umano spesso va inevitabilmente scisso da quello tecnico. Se un matrimonio è destinato a finire, per motivi che non è detto siano legati a determinati comportamenti, è inutile prolungarlo con la forza. In questo modo non si fa il bene di nessuno. Claudio Ranieri non ha mai avuto con Firenze un rapporto paragonabile con quello che la città ha con Prandelli, ma, ripetiamo, nello sport professionistico lo spazio per gli affetti è relativo. Stiamo parlando di un tecnico che portò la squadra dalla Serie B alla vittoria del primo trofeo dopo 20 anni, sfiorando una finale di Coppa delle Coppe; ed il suo addio non fu certo traumatico: pochi mesi dopo la sua partenza i tifosi viola erano a festeggiare a Udine a pochi metri da Alberto Malesani.
La squadra: nessuna accusa ai tifosi, ma ci pare troppo facile puntare il dito contro i giocatori. Le uscite serali non ci interessano: è, o meglio, sarebbe, argomento di competenza della società vigilare sul comportamento dei propri tesserati fuori dal campo, senza dimenticare però che certe cose sono sempre successe, a Firenze come a Roma e Milano; determinati comportamenti possono essere limitati, non eliminati, e, ripetiamo, fare ciò non spetta ne' ai tifosi ne' ai media. Sul piano dell’impegno, ci sentiamo in ogni caso di sottoscrivere quanto detto da Pantaleo Corvino dopo la gara col Chievo. Ciò non toglie che non sia sfuggita ai nostri occhi una certa anarchia, un giocare per se’ stessi che, ad esempio, nella gara contro i veneti, ha portato ad un’infinità di inutili corse sulle fasce ed a tiri perennemente ribattuti. Senza voler entrare nel discorso relativo al rapporto con l'allenatore, che dal punto di vista dell’organizzazione del gioco è senza dubbio determinante, vogliamo sottolineare come, nonostante una crescita tecnica notevole, forse Riccardo Montolivo non sia ancora pronto per la fascia da capitano. E in Roma-Sampdoria, nonostante la sconfitta dei giallorossi, si è visto cosa significa avere un Totti in campo. Un Totti la Fiorentina, almeno nell’ultimo decennio, non l’ha mai avuto, ma dal punto di vista del carattere, la partenza di Dainelli e Jorgensen forse alla lunga si è fatta sentire.