GILARDINO, Cronaca di una giornata in viola
ORE 12,55. ALBERTO Gilardino indossa la maglia della Fiorentina. Sorride, si guarda intorno, ringrazia. Anche per i tifosi, ora, è ufficialmente un giocatore viola. «Volevo fortemente Firenze» confessa l’ormai ex attaccante rossonero. E la città viola, calda come non mai, dimostra di volerlo in maniera altrettanto passionale.
Sembra un giovedì mattina qualunque a Firenze: traffico, clacson, gente che va a lavorare e leggera pioggia a infastidire il tutto. Non intorno al «Franchi» però: lì sta per andare in scena il Gilardino-day, la prima vera giornata gigliata del centravanti di Biella. Il maltempo non è sufficiente a fermare l’ondata viola. «Grande Gila» urlano i tifosi, sperando che all’interno della sala stampa gli arrivi il primo segno tangibile dell’affetto. Sono agghindati con sciarpe, maglie e cappellini: tutti in tribuna, tutti assiepati intorno alla balaustra, dove attendono ansiosi l’arrivo del nuovo cannoniere di Cesare Prandelli.
DUE TIFOSI discutono sulla quota-gol che il neoacquisto potrà raggiungere. «Almeno dodici», pronostica il primo. «Dodici? Ne farà venti, con Prandelli tornerà il grande giocatore di Parma». Il tecnico di Orzinuovi fa proseliti, sono in molti quelli che si candidano a suoi eredi. «Come lo vedi insieme a Pazzini?», chiede un ragazzo all’esperto di turno. «Possono coesistere, se Giampaolo giocherà esterno», è la sentenza. Chissà che non abbia ragione.
TORNIAMO a Gilardino. I primi boati non sono per lui, però. Irriverenti e ironici come mai, si sprecano gli applausi e i cori per gli addetti del «Franchi». E’ un tripudio di «Forza viola» e «Firenze, Firenze». Ci si inizia a scaldare l’ugola. E il boato cresce, così come il numero dei tifosi viola: mille, forse qualcosa di più, mentre dal cielo continua a cadere la pioggia.
Poi, all’improvviso, smette di piovere: il sole fa capolino dalle nuvole e accoglie subito Alberto Gilardino. «Suonaci il violino», gli chiedono i sostenitori viola, che con gli occhi fissano il giocatore e con la mente lo immaginano già esultante sotto la Fiesole.
GILARDINO allo stadio continua a guardarsi intorno, in piedi. Davanti a sé, quello che tutti si augurano sia il palcoscenico della sua rinascita e consacrazione. Accanto a lui Pantaleo Corvino, al quale i tifosi della Fiorentina dedicano cori sul ritmo di quelli che hanno accompagnato la Nazionale durante i Mondiali del 2006. E lui sorride, osservando orgoglioso il suo ultimo capolavoro di mercato.
POI ARRIVANO le 12,55 e l’attaccante di Biella indossa la maglia della Fiorentina. Subito parte un coro coniato apposta per lui: «Gila Gila Gila gol». Già, quello riservato a Batistuta, Riganò e Toni. Ai bomber che hanno fatto la storia recente della Fiorentina, insomma. «Sei bellissimo», gli urla una ragazzina sui tredici anni. Accanto a lei canta un signore sulla settantina con in collo il nipotino, e canta un gruppo di studenti con lo zaino in spalla. «Niente scuola oggi – ammette uno di loro – volevamo accogliere il Gila come solo Firenze sa fare».
Macchine digitali e cellulari sventolati in aria, immortalano i primi momenti dell’Alberto Fiorentino. «Questa la metto come sfondo – confida una ragazza all’amica – è bellissimo». Primi minuti in riva all’Arno ed è già strage di cuori...
«CHI NON SALTA rossonero è». Inevitabile, arriva anche lo sfottò per quel Milan che la Fiorentina ha battuto in campionato, la squadra dove l’attaccante ha giocato le ultime tre stagioni. Lui sorride divertito, mentre si avvicina ai tifosi: foto, autografi, ancora foto e ancora autografi. La folla continua a guardarlo sognante, qualcuno inizia già a mimare il gesto del violino, tutti poi riprendono a cantare all’unisono: «Gilardino facci un gol».
ANCORA qualche scatto, poi Gilardino rientra dentro lo stadio, salutato da uno scrosciante applauso da parte dei mille appassionati viola, per fare di nuovo capolino, sotto la tribuna, a concedere le ultime interviste, per regalare gli ultimi autografi e per sorridere alle ultime foto. Poi rientra, felice, all’interno del «Franchi». Forse anche un po’ sorpreso dall’accoglienza da eroe che la sua nuova città gli ha tributato.