SITUAZIONE DRAMMATICA, ECCO TUTTI I PIANI DI PRANDELLI PER USCIRE DALLA CRISI. FACCIA A FACCIA CON I GIOCATORI. GLI SCONTENTI SUL MERCATO. RIBERY POTREBBE SMETTERE. ROCCO PARLI MENO E PRENDA ESEMPIO DAGLI AMERICANI DI ROMA
E adesso, che fare? Già, che fare? E’ il peggior inizio di campionato dal ritorno in serie A, la Fiorentina non segna un gol da 309 minuti (quasi tre partite e mezzo) e per il secondo anno consecutivo si ritrova nei bassifondi della classifica, in piena zona retrocessione. Anche se per Rocco queste saranno di sicuro delle fake news, trattasi invece e purtroppo, della drammatica realtà con la quale fare i conti. Ora non si scherza più. E non c’è neppure spazio per inutili e dannose polemiche verbali, vietato parlare di stadio e di soldi. Se Rocco apprezzasse l’ironia mutuando Flaiano potremmo anche dire che “la situazione è grave, ma non seria”, purtroppo in momenti come questo diventa difficile anche sorridere amaro. Dopo la sconfitta con il Benevento, la situazione mi sembra grave e seria allo stesso tempo. A questo punto i cartellini rossi che l’irascibile zio d’America mi ha sventolato sotto il naso nelle settimane scorse diventano delle medaglie al valore calcistico, “era già tutto previsto” direbbe Cocciante che probabilmente sa di pallone più di Rocco. Ma questo non è il momento di riparlare degli errori fatti, dalla conferma di Iachini in giù, sono tre mesi che li sottolineo, ora che s’è acceso l’allarme rosso, che non è bastato neppure il cambio dell’allenatore, si tratta di pensare alla Fiorentina per capire quale strada imboccare per evitare guai peggiori e provare a salvare la stagione. Già, adesso che fare? Lo ripetiamo come un mantra.
Questo è l’interrogativo che frulla nella testa di tutti dopo aver visto la Fiorentina non reagire e se possibile peggiorare anche di fronte a una panchina cambiata per dare una scossa alla squadra. Prandelli non ha colpe, sia chiaro. A Prandelli dobbiamo dire soltanto grazie per aver messo la faccia in un’avventura ai limiti dell’impossibile, accettando per amore un contratto senza futuro come nessun altro allenatore del suo livello avrebbe fatto. Ma dall’esperienza e dal carisma di Prandelli si deve ripartire per forza e con forza. E’ l’unica strada.
L’allenatore ha parlato con il presidente subito dopo la partita, ieri c’è stato un lungo faccia a faccia a più riprese con la squadra e con i dirigenti. La sintesi della giornata la potremmo racchiudere in un post di Borja Valero, una delle teste pensanti dello spogliatoio: “Testa bassa, bocca chiusa, lavorare sodo”. Questo è il manifesto affisso metaforicamente negli spogliatoi viola e imparato a memoria da tutti, dirigenti compresi. E’ chiaro che il lavoro va fatto soprattutto su una squadra scioccata da tre cambi di allenatore in un anno, cambi di lavoro, sistemi e idee calcistiche, frustrata nelle motivazioni, piena di problemi personali e lontana dall’essere gruppo.
Ci vorrà del tempo, ma per fortuna restano da giocare ancora trenta partite e il tempo non manca. Prandelli lavorerà sostanzialmente in tre direzioni. La prima, quella fondamentale, è psicologica-motivazionale. Ieri i giocatori sono stati messi davanti alle grandi responsabilità che hanno nei confronti della maglia che indossano, al peso della storia di questa società, ma Prandelli ha cercato anche di lavorare sulla molla dell’orgoglio personale. Non è possibile che giocatori di un certo livello arrivino a offrire prestazioni offensive anche per loro stessi. Nessuno può cadere così in basso e se cadi c’è il dovere di rialzarsi. Unita a questa idea di orgoglio individuale da riattivare, il discorso s’è allargato al gruppo, alla forza che una squadra può trarre soltanto da obiettivi e ideali comuni che la cementino.
Questa la sintesi dell’idea di lavoro di Prandelli condivisa ieri con il gruppo stando ai rumors provenienti dagli spogliatoi. Ci sono poi anche l’aspetto fisico e quello tattico sui quali lavorare duramente, ma senza resettare la testa dei giocatori tutto diventa più difficile. Sotto l’aspetto fisico, ho già scritto quel che mi risulta, anche se appare evidente guardando le partite, come questa squadra abbia problemi atletici. Non ha tenuta, non sa sprintare, sembra un diesel, non è reattiva. Su questo lo staff di Prandelli ha già lavorato e lavorerà, ma i risultati non si vedranno che fra qualche settimana.
C’è poi l’aspetto tattico, quello che aveva portato alla rottura (non personale, s’intende) fra Iachini e la squadra. I giocatori fanno forse il lavoro più bello al mondo, ma anche loro, come in tutti i lavori, se non si divertono, se non sono coinvolti, diventano apatici, abulici, non partecipano, subentra la frustrazione e poi la depressione, come ha detto Pradè. Andare agli allenamenti per timbrare il cartellino alla lunga diventa devastante e si vede. Prandelli attraverso colloqui personalizzati e di gruppo, cercherà di portare la squadra su un terreno calcistico che cambi l’idea di calcio. Dal calcio passivo di Iachini si passerà al calcio attivo, propositivo, anche coraggioso. Far tornare a divertire i giocatori negli allenamenti, stimolarli, coinvolgerli su un progetto tattico avvincente è la terza missione di Prandelli.
Quanto tempo sarà necessario? Nessuno può saperlo. Dipenderà, ovvio, da come reagirà la squadra, individualmente e complessivamente. Ma dalla società è arrivato anche un messaggio distensivo, non c’è l’acqua alla gola, le pressioni eccessive potrebbero essere negative, si deve solo cambiare rotta da subito. Come detto, trenta partite sono tante e Prandelli ha diritto a lavorare serenamente, non ha la bacchetta magica e la situazione è complessa.
Complessa anche a livello societario. In questo quadro ci sono (ovvio) anche giocatori scontenti, alcuni che vogliono andar via, altri con il contratto da rinnovare, altri che vogliono ridiscuterlo, altri ancora che si sentono penalizzati. Questo lavoro spetta ai dirigenti, ma lasciare in uno spogliatoio delle turbative rischierebbe di compromettere parte del piano di Prandelli. Gli allenatori non vogliono vedere facce tristi negli spogliatoi. Per fortuna il mercato è vicino e se c’è qualcuno che insisterà per andare (Milenkovic?), altri che come Pezzella aspettano di capire il futuro, o altri ancora non felici qui, saranno cercate delle soluzioni. Costringere i giocatori per contratto è un autogol, speriamo che la vicenda Chiesa abbia insegnato qualcosa a Rocco.
Come si vede, situazione molto delicata e tutto deriva dalla conferma di Iachini. In quel giorno è crollato uno spogliatoio che aspettava altro, s’è arenata una campagna acquisti che aveva anche obiettivi diversi. Spero solo che Rocco abbia capito che il calcio non è Mediacom. Un capitano d’azienda straordinario come lui nel calcio rischia di fallire se non si adatta, se non cambia sistemi, se non comincia a fidarsi dei suoi manager. I miei consigli sono la solita carta da camino, ma se posso permettermi con cartellino rosso incorporato, almeno adesso lasci fare Prandelli e Pradè che sanno di calcio. Si fidi dei suoi uomini, suggerisca e controlli, far sentire la presenza è fondamentale, ma a distanza. Lasci le responsabilità, se poi le cose non vanno o non andranno, è allora lì che il proprietario dovrà presentare il conto. Serve una linea decisionale condivisa, altrimenti finisce come con Iachini. Ora ci raccontate che eravate tutti d’accordo, ma anche lei Rocco sa che non è così. Il calcio è un microcosmo dove tutti sanno tutto di tutti, inutile negare e smentire. Se i giocatori percepiscono divisioni, incertezze, diversità di opinioni all’interno di una società, per loro sono tutti alibi potenziali.
Non le voglio ricordare le vicende Montella e Iachini, la cessione di Chiesa l’ultimo giorno con “perché lui sì e noi no” di quelli rimasti nello spogliatoio, la mancanza di obiettivi dati alla squadra, gli attacchi esterni per mascherare responsabilità interne, l’eccesso verbale nocivo e tanti altri errori fatti, a mio modestissimo avviso. Ovvio. Rocco, se può si faccia violenza. Il suo, lo ammetta, non è il modo ideale di fare calcio. E la smetta (se può), di parlare di soldi, spesi e da spendere. Solo con i soldi non si va da nessuna parte. E a volte nel calcio non bastano neanche quelli.
Guardi, se vuole, l’esempio dei Friedkin, americani a Roma. Silenzio rigoroso e assoluto. L’allenatore in bilico, subito rafforzato e messo nelle condizioni di lavorare. La squadra protetta. I frutti si vedono. E per prima cosa (come suggerito tante volte) stanno ripartendo dalla società. Come direttore generale sono andati a prendere Tiago Pinto del Benfica, uno dei migliori in circolazione. Lo dico solo per riflettere, magari ha ragione lei e di sicuro sbaglio io, ma i risultati non lo direbbero. Comunque ora la speranza è una sola, che la squadra si riaccenda in fretta, che ritrovi da subito almeno le motivazioni, magari da domani pomeriggio a Udine in coppa Italia, un obiettivo da centrare a tutti i costi.
Quasi sicuramente mancherà Ribery, uno dei più delusi da quanto successo negli ultimi mesi. Era venuto a Firenze per divertirsi, per chiudere da protagonista la carriera, con il sorriso del giocoliere. Era uno di quelli che sperava in un calcio e in un allenatore diversi, ha perso stimoli e motivazioni e si vede. Se non ritrova la gioia di giocare a fine anno potrebbe anche smettere, ma la cura Prandelli pare lo stia intrigando. Magari domenica San Siro può essere per lui un palcoscenico adatto per riaccendersi dentro…