L’ADDIO TRISTE DI ANTONIO E L’AUTOGOL DI ROCCO. L’ESEMPIO DELL’ITALIA E L’IMPORTANZA DEL GRUPPO: ADESSO CHI RAPPRESENTERA’ FIRENZE? ITALIANO A TUTTO GAS, MA ORA SERVE UN SALTO DI QUALITA’ SUL MERCATO
Un autogol clamoroso. Tipo quelli che Comunardo Niccolai, toscano di Pistoia ma sardo nell’anima, segnava nella porta del Cagliari di Riva, negli anni d’oro del Rombo di Tuono. Giancarlo Antognoni è il mito viola, il suo ritorno era stato atteso e sperato da tutti. Per anni. Con Della Valle il feeling non era mai nato, con Commisso invece la storia si pensava potesse prendere un’altra piega. Anche perché proprio Rocco, fin dal primo giorno, ha puntato tantissimo sul senso d’identità, sull’ascoltare la gente e farla sentire parte importante del progetto di rinascita viola. Commisso aveva pensato pure di portare Batistuta e nel frattempo ha inserito pure Dainelli, Donadel, perfino Buso. E’ bastata una passata di cimosa però per cancellare tutto. In appena un mese infatti, tutti i vecchi viola sono stati messi alla porta. Ma se gli altri possono anche andare e venire, Antonio no. Lui è un’altra cosa. Lui è Firenze nel calcio, una parte della città che con il suo addio è stata messa alla porta.
Senza di lui, la Fiorentina perde tanto, forse più di quanto si possa immaginare. Nessuno più dell’Unico 10 poteva spiegare alle nuove generazioni cosa significhi questa squadra per questa tifoseria e quel senso di appartenenza che tanto è mancato in questi anni. Senza ricordare la storia del calciatore, iniziata nel ’72 e continuata solo e soltanto con il viola addosso, basta prendere ad esempio l’Italia di Mancini per capire quanto possa essere importante fare gruppo intorno a certi valori, forse antichi ma ancora fortemente attuali. Vialli, De Rossi, Oriali, eppoi anche Evani, Lombardo, Salsano. Amici, in qualche caso campioni, uniti dalla stessa mentalità e dallo stesso obiettivo. Il grande Europeo azzurro è partito da qui e la stessa cosa avrebbe dovuto fare la Fiorentina. Da oggi invece, in società nessuno rappresenta Firenze: è una grave mancanza e nello stesso tempo un grande rischio per Commisso e Barone. Anche perché, per la prima volta, la Fiesole ha iniziato ad alzare la voce. Adesso per i manager viola c’è solo una strada per ricucire lo strappo: i risultati.
Italiano, come già detto nei giorni scorsi, merita fiducia. Ha grinta, fame e ottime idee. Ha voglia di costruire una squadra votata all’attacco e al tutti per uno, uno per tutti. A Moena è già partito forte, con prove di 4-3-3, bei gol di Vlahovic e immediati scatti all’indietro per recuperare la posizione in difesa dopo ogni attacco. Giocherà così la Fiorentina e anche per questo l’allenatore si è preso del tempo per capire fino in fondo chi dei suoi nuovi calciatori ha le caratteristiche giuste per seguirlo fino in fondo. Di sicuro, questo, sarà l’ultimo anno sulle Dolomiti.
Commisso punta a portare la squadra in tournée, vuole aumentare il business e il seguito intorno alla Fiorentina. Il Viola Park dunque diventerà quartier generale anche in estate, tra un’amichevole di lusso e una gita a caccia di petroldollari. E’ il calcio moderno bellezza, e da quel punto di vista c’è poco da fare. Quello che conta davvero però è creare una squadra all’altezza. Lirola è a un passo dal Marsiglia, Zappacosta può diventare un’ottima soluzione. Per alzare il livello però servono piedi buoni a centrocampo, almeno un altro attaccante esterno, un centrale di difesa e una punta vice Vlahovic. La nuova proprietà, arrivata a Firenze con le fanfare, adesso è chiamata a fare il salto di qualità.