A PROPOSITO DI SPORT

07.09.2012 00:00 di  Massimo Sandrelli   vedi letture
A PROPOSITO DI SPORT

Tutti, ogni giorno, parliamo di sport, spesso a sproposito. L’etimologia del termine ci conduce lontano, verso i latini che intendevano indicare l’uscita dalle abitudini cittadine per svagarsi e divertirsi. Ma oggi pare che tutto sia sport: dalle attività più umili fino a quelle più lucrose. Un logo multinazionale come la Coca Cola, e come la regina delle bollicine mantiene gelosamente misteriosa la sua formula base. E in nome dello sport si sprecano fiumi di inchiostro, si consumano ore di dibattiti televisivi come un pellegrinaggio senza meta e senza Dio.

Nelle cronache di questi giorni, commuovono ed entusiasmano le notizie che arrivano da Londra, negli stessi luoghi dove si sono appena conclusi i Giochi Olimpici, si celebrano le paraolimpiadi, le gare di coloro che rivendicano abilità diverse. C’è la storia di Annalisa Minetti, cantante di una certa notorietà, non vedente che, correndo accanto alla propria guida Andrea Giocondi, ha conquistato la medaglia di bronzo nei 1500, fissando addirittura un primato mondiale: “Tutto è possibile e io ne sono la dimostrazione…”. C’è la magnifica impresa di Alex Zanardi, pilota ormai senza gambe, che sul percorso di Brands Hatch, dove ottenne la sua prima pole in formula 3000, ha vinto la medaglia d’oro nell’handbike: “…senza sport non so vivere…” C’è la vicenda di Cecilia Camellini, ventenne, che, non vedente dalla nascita, si è aggiudicata tre medaglie nel nuoto. Neppure il terremoto di maggio riuscì a fermare l’atleta emiliana, che dopo una piccola pausa continuò l’allenamento. C’è Assunta Legnante che, costretta alle tenebre da un crudele glaucoma, ha vinto l’oro nel lancio del peso, indossando una maschera che ironizzava sulla propria infermità. C’è Achmat Hassiem, sudafricano, che nuota e vince sfidando il ricordo dello squalo che gli sbranò una gamba.

Questi piccoli grandi eroi e tutti gli altri rappresentano l’altra metà dell’universo sportivo. Ci fa tristezza il superficiale quanto inutilmente cinico commento di Paolo Villaggio. Certo sarebbe drammatico si intendesse fare spettacolo di quelle disabilità. Il vero spettacolo sta nella sfrontatezza con cui tutti loro si prendono una rivincita sulle avversità che li hanno tormentati. E qui sta il vero segreto dello sport. Competere con gli altri, soprattutto però con se stessi per superare i propri limiti, le proprie difficoltà, rispettando le regole. Sono loro i veri custodi, i templari del sacro fuoco olimpico.

Dinanzi a loro le birbanterie di Berbatov, i professionisti del doping, i passaporti falsi, i bilanci truccati, le sommesse “sporche” sono monnezza. Poco e punto hanno a vedere con lo sport. E’ bene riaffermarlo in specie per convincere i più giovani che lo sport è un valore che merita d’essere conservato e sul quale è giusto investire i propri ideali.

Massimo Sandrelli. Giornalista, Rtv38.