IL CANTO DEL CIGNO DEL NUMERO 10...

16.12.2011 00:59 di  Stefano Borgi   vedi letture
IL CANTO DEL CIGNO DEL NUMERO 10...
FirenzeViola.it
© foto di Federico De Luca

Due fuoriclasse, due campioni autentici, due talenti sconfinati che, con tempi e modalità diverse, hanno scritto la storia della Fiorentina. Parliamo di Giancarlo Antognoni e Roberto Baggio, di una maglia viola, di una squadra (l'Atalanta) che li ha uniti sotto un identico destino. Innanzitutto, però, facciamo "outing" e andiamo al 3 gennaio 93' quando al Franchi è di scena l’Atalanta di Marcello Lippi. Succede tutto nel secondo tempo ed il gol di Perrone, oltre che sancire la vittoria per 1-0 dei bergamaschi, decreta di fatto la retrocessione della Fiorentina dopo ben 55 anni di onorata carriera in serie A (l’ultima discesa all'inferno risaliva, infatti, al 1938). Il colpevole di tale "disastro" ha un nome ed un cognome: Vittorio Cecchi Gori. Agli albori di una mania di protagonismo sempre crescente, l’ex senatore a fine partita caccia inspiegabilmente l’allenatore Radice e piazza un “colpo da maestro” ingaggiando Aldo Agroppi, nemico dichiarato del "palazzo". I fischi alla nazionale  nell'Italia-Messico di pochi mesi dopo faranno il resto e, come per magia, i vari Batistuta, Baiano, Effenberg, si ritroveranno di lì a poco a giocare al … Tupparello di Acireale. La tradizione al Franchi contro gli orobici è comunque favorevole (32 vittorie contro 8 sconfitte e 12 pareggi) accompagnata spesso da punteggi altisonanti. Ricordiamo tra gli altri un 5-0 dell’ottobre 84’ con il primo gol in viola di Socrates (splendido cucchiaio sotto la Fiesole), e un’altra roboante cinquina nel dicembre 97’ con Malesani in panchina.

Fiorentina–Atalanta però, lo dicevamo in apertura, significa anche il canto del cigno di due immensi numeri 10. Il 17 maggio 87’ chiude la sua carriera in viola, con 341 presenze, 61 gol ed una misera Coppa Italia, Giancarlo Antognoni. Il 29 aprile 1990, invece, Roberto Baggio disputa la sua ultima partita di campionato con la Fiorentina. Per il "divin codino", tre giorni dopo, ci sarà anche l’appendice della finale UEFA, ma quella è un’altra storia. Andiamo con ordine: quello del capitano fu un addio in sordina e la sua carriera proseguirà in Svizzera (Losanna) dove vestirà i panni del messia in un calcio ai confini del dilettantismo. Le cause della sua partenza furono sostanzialmente due: incomprensioni con la proprietà (i Pontello) e la voglia di rinnovamento del neo allenatore Eriksson. Quel 17 maggio pioveva, di quella pioggerella fitta fitta, ed a noi piace credere che anche il cielo non seppe trattenere le lacrime per l'ultima esibizione del più grande campione della storia viola. La partita finì 1-0 grazie ad un gol di Alberto Di Chiara realizzato al 90': a suo modo anche "Antonio" partecipò all'azione del gol favorendo l'inserimento di Ramon Diaz con una finta che spiazzò tutta la retroguardia nerazzurra. Ramon, da par suo, innesca il numero 16 gigliato (Di Chiara aveva rilevato Berti al 73') che di sinistro sigla l'1-0 decisivo. Fiorentina che saluta il proprio pubblico con una vittoria inutile, l'Atalanta retrocede in serie B e dal cielo continuarono a piovere lacrime mista a pioggia. “Antonio” si rifarà pochi mesi dopo con un’amichevole disputata da avversario al “Comunale“, nella quale realizzò il gol del pareggio con un mirabile destro al volo salutato con gioia da tutto lo stadio. Diverso il destino di Baggio che a soli 23 anni tradiva la causa viola per vestirsi di bianconero e comunque anche lui fu protagonista di un clamoroso ritorno a Firenze l’anno seguente nella partita del rigore rifiutato e della sciarpa lanciata dalla tribuna. L'addio di Roby, la sommossa di piazza Donatello e quelle immagini di una Firenze che (fortunatamente) non c'è più, sono storia e non meritano di essere ricordate. Consoliamoci dicendo che il vero Baggio, quello che a tratti ricordava il miglior Maradona (era l'88-89, l'anno della famosa B2 in coppia con Stefano Borgonovo) lo abbiamo visto solo noi.

P.S - Fiorentina-Atalanta di quel 29 aprile 1990 fu anche l'ultima partita della carriera di Cesare Prandelli. Per lui 215 presenze in serie A, due reti (un pò pochine anche se la sua fu...una vita da  mediano) ma in compenso 3 scudetti, 1 Coppa dei Campioni (quella del 1985, conquistata nella tragica notte dell'Heysel...) 1 Coppa delle Coppe ed 1 coppa Intercontinentale. Tutto questo (ahimè) con indosso la maglia della Juventus. E allora, per un'impietosa legge del contrappasso, Cesare Prandelli pagò il suo passato bianconero con l'ultima partita della sua carriera di calciatore. Successe proprio a Firenze, in un Fiorentina-Atalanta del 29 aprile 1990. Il mago di Orz, al passo d'addio con la maglia nerazzurra non volle passare inosservato. La partita terminò 4-1 per la Fiorentina, grazie ai gol di Renato Buso al 5' (era evidentemente la partita dei futuri allenatori gigliati), al pareggio provvisorio del brasiliano Evair su rigore, al nuovo vantaggio viola con Di Chiara al 35' e sigillo finale di Roberto Baggio che ribatteva in rete uno dei pochi rigori sbagliati in carriera. Nel mezzo il 3-1, frutto di un'autorete, a firma Cesare Prandelli: è il 38' ed il (non ancora tecnico) di Orzinuovi, nel tentativo di anticipare lo stesso Baggio, insacca nella propria porta sotto la traversa e, per di più, sotto la curva Fiesole. Il finale è da libro cuore. Qualche lacrima per l'ultima col giglio sul petto del "piccolo Buddha" (anche se qualcuno si ostinava a non crederci) qualche sorriso per una salvezza agguantata all'ultimo tuffo, e per Prandelli una simbolica pacca sulla spalla. Lo attendeva una nuova vita, quella che lo ha incoronato "magnifico messere" di Firenze.