FREY, DAINELLI, MALESANI... GENOVA PER LORO
Con quella faccia un pò così, quell'espressione un pò così... Seba e Daino, ad ognuno il suo soprannome. Due del famoso "progetto" che insieme a Monto, Ufo, il Gambero, il Gila, guidati dal Pranda (e non dimentichiamo il "fenomeno") avevano cullato un sogno chiamato scudetto. Qualcuno aveva fissato una data, il 2011, qualcun'altro aveva detto che mancavano i sei-sette punti del centro sportivo e poi chissà... Peccato, il tempo è scaduto, e di questi che abbiamo nominato ne restano un paio come portabandiera, nella speranza di riaprire un ciclo, bello come quello appena esaurito. Abbiamo detto bello e non vincente, perchè a pensarci bene questi ragazzi non hanno vinto niente, zero titoli, zero trofei... Tutti insieme, però, avevano vinto l'amore di Firenze, l'affetto di un popolo che non fa sconti, che ti giudica, ti seziona da capo a piedi. Quando però capisce che tu sei uno di loro, allora...
Con quella faccia un pò così, quell'espressione un pò così... (lo cantava Paolo Conte... peccato per il cognome, ma la canzone è di spessore), Frey e Dainelli erano portiere e capitano di quella squadra fantastica, che si voleva bene, che giocava al calcio, cha a fine partita aspettava l'avversario per stringergli la mano, sempre sotto l'occhio vigile del "Mago di Orz", padre e fratello maggiore di tutti loro. Domenica "Seba" ed il "Daino" torneranno sotto mentite spoglie, nel senso che stentano a crederci e per convincersi mentono a loro stessi. Seba ed il Daino oggi vestono la maglia rossoblù, ma vuoi mettere i tempi di Firenze? A questo proposito siamo andati a riprendere cosa diceva del portierone francese il libro "Sprofondo viola" (il paragrafo si intitola "Seba Frey, un centravanti tra i pali"), scritto proprio all'indomani della fine del famoso ciclo: "Quante volte ci siamo chiesti: "Ma quanti punti avrà portato in classifica Frey con le sue parate?" Difficile da dire e da quantificare, certamente il portierone francese è spesso risultato decisivo come e più di un centravanti. Del resto si fa presto a calcolare: un "miracolo" tra i pali vale un gol di un attaccante, ed in questo senso Sebastien Frey si è sempre dimostrato un "centravanti goleador". "Seba" (lo chiamano tutti così) fu il primo acquisto in ordine di tempo di Pantaleo Corvino. Proveniva dal Parma con il quale aveva conquistato, pochi mesi prima, la salvezza nello spareggio col Bologna. Costò circa 6 milioni di euro, tanti per un portiere, ma Prandelli non aveva dubbi: quel ragazzo con i capelli strani, ribelli, ossigenati, doveva essere di nuovo il suo numero 1 dopo averlo già allenato al Verona e al Parma. Carattere disincantato, figlio d'arte (il nonno e il padre furono calciatori a buoni livelli), con anche un fratello d'arte (il fratello Nicholas gioca difensore nel Chievo), Frey arrivò in Italia nel 1998 dal Cannes, destinazione Inter. E' sposato con due figli (Daniel di 9 anni, Elsa di 7), ed ha abbracciato da tempo la religione Buddista, "iniziato" alla pratica da Roberto Baggio. Memorabili alcune sue prestazioni in maglia viola, una su tutte l'ottavo di finale di coppa Uefa al "Goodison Park" contro l'Everton. Seba subì due reti ma ne salvò almeno altre 5, per poi imporsi ai calci di rigore. E poi Fiorentina-Lazio dell'8 febbraio 2009, quando Pandev, Zarate, Rocchi, a turno rimbalzarono sul muro eretto da Frey, e al 90' Gilardino regalò la vittoria ai viola. Il suo più grosso rimpianto è la nazionale francese. Frey, fino ad oggi, ha collezionato solo due presenze con i "blues" anche per il rapporto conflittuale con l'ex CT Domenech. Non va meglio con il neo commissario tecnico Lorent Blanc, ma come si suol dire? A tutti i poeti manca un verso..." Non sappiamo che accoglienza riserverà a Seba la Fiesole, certamente qualcuno verserà lacrime amare, Genova per lui rappresenta l'occasione per sentirsi ancora un numero uno.
Con quella faccia un pò così, quell'espressione un pò così... Ancora "Sprofondo Viola" su Dainelli: "E chiudiamo proprio con Dario Dainelli, anch'esso un viola della prima ora. Toscano di Peccioli, un anno dopo il suo arrivo (nel 2005-2006) è già capitano. Il ventesimo della storia viola. La sua convivenza con la tifoseria viola è controversa: odio e amore si mischiano in un cocktail improbabile, con "daino" (questo il suo nomignolo) che spesso verrà contestato per le sue distrazioni. In compenso Dario tratta benissimo il pallone, è in possesso di un lancio lungo e preciso e, quel che più conta, è proprietario di uno splendido ristorante nella natia Peccioli. E allora alla salute... Vostra, nostra, e ce lo auguriamo, di una Fiorentina sempre più grande". Firenzeviola, invece, lo aveva intervistato il 20 settembre scorso, alla vigilia di Genoa-Fiorentina: “Guardi, a Firenze mi legano tanti ricordi e tutti bellissimi - confessò Dario in quell'occasione. Ricordo la partita con il Liverpool, ricordo l'ultima a Verona del 2006 quando ci qualificammo per la Champions con 30.000 tifosi al Bentegodi. Addirittura ricordo quando ci salvammo col Brescia, dopo un anno sfortunato. Tutti ricordi bellissimi. Perchè allora me ne sono andato? Con la società sono rimasto in ottimi rapporti, addirittura a settembre mi avevano allungato il contratto. Con i compagni non ne parliamo. Firenze come città, poi, la porto nel cuore...diciamo che si erano create delle incomprensioni (lui non lo dice ma si parla di Prandelli ndr.) che mi hanno spinto a fare un'altra scelta. Nessuna polemica però...” Dario Dainelli non era un fuoriclasse, ma uno che in questa Fiorentina ci sarebbe stato benissimo, e non solo come giocatore...
Con quella faccia un pò così, quell'espressione un pò così... Infine Alberto Malesani. Anche per lui Genova rappresenta una rivincita, una risposta a chi non credeva in un tecnico scaruffato, scarsamente elegante, sempre a metà del guado tra l'allenatore sperimentale e quello vincente. A Firenze lo ricordano ancora, lo rimpiangono, lo portano a termine di paragone (con Mihajlovic, poi, non è difficile) e la sua immagine si fonde con l'idea di bel gioco, spettacolo, passione (galeotta fu quella fuga sotto la curva, del 31 agosto 1997, al "Friuli" di Udine) allegria. A proposito, anche Alberto aveva un soprannome... lo chiamavano "il male". Beh, non sempre i soprannomi si azzeccano...