LO SCHIAFFO
Probabilmente, da queste parti, non si era mai parlato così tanto di Nazionale. Storicamente snobbati, gli azzurri sono finiti sulla bocca di tutti. Tanto più nell'ultimo week-end. Un po' perchè sabato scorso, praticamente, non c'era altro calcio nell'intera panorama nazionale, un po' perchè il sogno di "Pepito" era diventato quello di tutti. Conoscendo l'uomo ancor prima che il calciatore. La sua abnegazione e il suo sacrificio sostenuto da gennaio fino a oggi, il pubblico fiorentino non poteva non schierarsi dalla sua parte sperando che potesse rappresentare i colori viola in Brasile.
E quando nonostante tutto Prandelli lo aveva chiamato tra i 31 del preritiro sembrava che la storia potesse avere il suo lieto fine. Le parole al miele del c.t., i test che tutto sommato Giuseppe sosteneva insieme ai compagni di squadra (pur entro una preparazione decisamente atletica), e infine le risposte arrivate a Craven Cottage contro l'Irlanda. La sua esclusione, a caldo e a freddo, è stata comunque un fulmine a ciel sereno. Almeno nella zona del Franchi dove inaspettatamente la spedizione brasiliana era diventata l'argomento principale e dove ormai la stragrande maggioranza degli appassionati dava Rossi in partenza.
Firenze c'è rimasta male, esattamente come Rossi. I cui tweet testimoniano una rabbia pià che condivisibile. Perchè un Rossi mai sopra le righe, di fronte a certe esternazioni, non può che filtrare soprattutto delusione, quasi a dire che dopo 5 mesi di sacrifici, una beffa del genere, gliela potevano (e dovevano) risparmiare. A cominciare dallo stesso c.t. che dietro a dichiarazioni sempre orientate al sostegno del recupero del ragazzo si affida poi a ben altre valutazioni. Come quelle che valgono una convocazione tutta da decifrare di Insigne, proprio al posto di Rossi. Una scelta tecnica difficile da comprendere, almeno quanto quella immagine di comportamenti idonei sbandierati in primis da Prandelli con quel codice etico raramente incluso nei bagagli dei vari Balotelli, Chiellini e company.
Che storia racconterà il mondiale brasiliano, ancora, è impossibile dirlo. Certamente la spedizione azzurra resta specchio di quella che è l'espressione del calcio italiano, e per questo difficilmente propensa a entrare nei cuori dei tifosi. Una squadra nella quale evidentemente un campione pulito come Giuseppe Rossi non può trovare spazio per non ben precisati motivi legati a presunti timori nei contrasti. Un gruppo nel quale il codice etico vale a seconda di non ben precisate gerarchie, e dove non ha trovato spazio l'umiltà e il lavoro di un campione come Pepito. Che certamente tornerà ancora più forte da luglio a Moena. Ma che ieri ha preso, insieme a tutta la città, uno schiaffo che non meritava.