LA FIORENTINA E LA REGOLA DEL 13
C'è una parola, che comincia con la s e finisce con la o, che i tifosi viola sognano e che per scaramanzia quasi mai pronunciano. Una parola che in questi giorni è tornata spesso di moda, buttata lì, come nel caso di Govanni Trapattoni, analizzata in maniera obiettiva e razionale, come nel caso dello staff tecnico-dirigenziale della Fiorentina. A Firenze e dintorni si fanno orecchie da mercante, ma, sotto sotto, si inizia a sognare. "Che male c'è", verrebbe da dire, "dopo una campagna acquisti come non se ne vedevano da anni?". Mentre Inter e Milan riempiono di rumours i quotidiani, la Fiorentina fa sul serio, e rafforza un organico già collaudato con una delle rivelazioni dello scorso campionato, Juan Manuel Vargas, un campione con tanta rabbia dentro come Alberto Gilardino, un brasiliano atipico, cioè di quelli che di solito in Italia riescono a sfondare, come Felipe Melo, ed un talento cristallino come Stevan Jovetic. Penso che sia compito di noi, che scriviamo di cose di pallone, far tornare tutti con i piedi per terra, alla faccia di chi ci accusa di "sparare", illudere, depistare; e lo facciamo lasciandoci aiutare dalla storia. E' la primavera del 1982, la Fiorentina costruita con grossi investimenti dai Pontello e guidata da Giancarlo De Sisti, è protagonista di un entusiasmante testa a testa con la Juventus; ad una giornata del termine le squadre sono ancora appaiate a pari punti, ed in perfetta media inglese, in vetta alla classifica; c'è un dato statistico che alimenta le speranze del popolo viola: il primo titolo nazionale è arrivato nel '56, il secondo nel '69 ed ora siamo proprio....nel 1982, cioè di nuovo a 13 anni di distanza dall'ultimo trionfo; il 1982 è però anche l'anno dei Mondiali di Spagna, uno spareggio sarebbe un'appendice un po' scomoda per la truppa di Bearzot, e la regola del 13 viene infranta da Liam Brady e dall'arbitro Mattei. Una serie di vicende altalenanti fanno dimenticare, negli anni successivi, questa curiosità cabalistica ai tifosi viola: il 1994/95 è la stagione del ritorno in Serie A per il club viola, dopo una rocambolesca retrocessione ed una vittoriosa cavalcata in cadetteria; il campionato buono sarebbe potuto essere quello appena conclusosi, ma anche questa è stata una stagione di transizione, dopo due annate compromesse dai fatti di calciopoli: la qualificazione ai preliminari di Champions League vale quanto uno scudetto ma non avrebbe potuto mai esserlo. Ma non ci sono solo i numeri a costringerci al realismo; nove anni fa, cioè l'ultima volta che la Fiorentina prese parte alla massima competizione europea, fu costruita, seppur senza l'oculatezza che contraddistingue l'attuale dirigenza, una squadra fortissima, ma che proprio in virtù dell'impegno internazionale, stentò in Campionato.
E allora, nell'estate del 2008, i tifosi viola, devono apprestarsi ad aspettare il 2021? Nossignori. E' compito di noi, che scriviamo di pallone e che spesso siamo accusato di criticare gratuitamente e di "gufare", aiutare i tifosi ad essere ottimisti. Forse per la prima volta nella gloriosa storia del club gigliato c'è un vero e proprio progetto. Un progetto se ne infischia dei clamori e dei numeri. Ma resta un progetto. A questa squadra manca ancora qualcosa per poter affrontare contemporaneamente due impegni difficili come il Campionato di Serie A e la Champions League; ma se manca arriverà. Potrebbe ripetersi un campionato come quello dell'annata 1998/99, di sicuro non come quello disputato dalla Lazio l'anno scorso: ci sarebbe in ogni caso solo da esultare: sono finiti i tempi dei soldi facili e delle sette sorelle di cui molte erano figlie illegittime. Ma nel 2021 Cesare Prandelli avrà 64 anni, Pantaleo Corvino 71 e Diego Della Valle 68. Nonostante la giusta calma, moderazione e raziocinio che da sempre li contraddistingue, non penso che siano disposti ad aspettare così tanto...