LA DISCRIMINANTE
Più o meno di questi tempi, circa tre anni fa, si vivevano situazioni simili a quelle attuali. Se non proprio nei contenuti, quanto meno nella forma. Un tecnico il cui rapporto con la società si fa più freddo (nel marzo 2016 fu Sousa, oggi Pioli) e una struttura societaria che di lì a poco sarebbe completamente cambiata. Con gli addii di Pradè, Roggi e Angeloni che avrebbero dato seguito a quello precedente di Macia.
Altri tempi, un'altra Fiorentina, che di lì a poco avrebbe accolto il ritorno di Corvino in un Sousa bis dalle tensioni se possibile ancora più forti. Allora la discriminante era la qualificazione all'Europa League, e i viola la centrarono con il quinto posto in classifica, oggi più o meno di stesso obiettivo si parla, con la non trascurabile differenza che di mezzo c'è una semifinale di Coppa Italia.
Come nel marzo 2016, e come già accaduto anche in tempi più remoti, la Fiorentina si affaccia alla primavera con scadenze decisive, in campo e fuori (inevitabile che a maggio siano destinati a riaccendersi i riflettori sullo stadio e sul tanto atteso progetto definitivo). Ma pur sempre con una discrimante più forte di qualsiasi altra parola o situazione interna. Perchè uscire dalla Coppa Italia e restar fuori dall'Europa preluderebbe molto probabilmente a una vera e propria rivoluzione (anche dirigenziale a giudicare dalle ultime voci) così come soltanto il primo trofeo dell'era Della Valle potrebbe dare continuità a una guida tecnica, quella di Pioli, mai come oggi così tanto in bilico.