MOGGI, Ecco il suo piano per rientrare
Luciano Moggi ha vinto la battaglia di Calciopoli 2, quella delle sim estere. Una vittoria che apre ad un possibile clamoroso scenario che potrebbe addirittura sancire il rientro di Big Luciano nel calcio, non da tesserato, certamente, ma da libero professionista.
La Corte di Giustizia federale ha infatti accolto il ricorso (assieme a quello degli arbitri Gabriele, De Santis e Bertini), istruito dall’avvocato Paco D’Onofrio sulla carenza di giurisdizione basata sul fatto che Moggi (nella foto Alive), all’epoca del deferimento e della successiva condanna a 14 mesi di inibizione per Calciopoli 2, non era un tesserato e quindi non poteva essere giudicato per «aver costituito un sistema di comunicazioni telefoniche riservate», tramite utenze telefoniche estere in prossimità dei sorteggi arbitrali e delle partite. La Corte ha rilevato «che la rinuncia da parte di un tesserato federale a tale sua qualità, intervenuta anteriormente all’inizio di un procedimento disciplinare a suo carico» lo ha reso «non più sottoponibile al giudizio disciplinare» poichè «non fa più parte dell’ordinamento sportivo». Una sentenza che ha minato pesantemente il castello d’accusa costruito pazientemente dalla Procura Federale, che si trova ora a gestire un caso spinoso. Un precedente clamoroso che potrebbe avere ripercussioni sulla sentenza (condanna a 5 anni) del processo a Calciopoli 1 del quale Moggi è stato l’accusato simbolo.
Anche all’epoca del Grande Processo, infatti, Moggi diede le dimissioni (14 maggio 2006) prima di essere deferito e poi giudicato. Il legale di Moggi, avvocato D’Onofrio, conferma: «La sentenza di oggi riconosce il diritto di chi non vuole essere giudicato dall’ordinamento sportivo quando non ne fa più parte. E’ un elemento che potremmo utilizzare per fare ricorso sulla sentenza di “Calciopoli 1”, perchè il presupposto di fatto e di diritto è identico».
Verrebbe da pensare: troppo facile. Ci si dimette prima di incorrere nella rete della giustizia sportiva, così poi magari si torna più puliti di prima. Un meccanismo elusivo fin troppo furbesco, allora, quello delle dimissioni: «Moggi si dimise — spiega D’Onofrio — perchè non voleva essere giudicato da quell’ordinamento sportivo, che pretese di giudicare soltanto, ad esempio, un certo numero di intercettazioni e non tutte».
Per sventare possibili “giochetti”, la Corte di Giustizia Federale oggi ha messo un puntello chiaro: «L’insussistenza del vincolo di tesseramento, comporta la conseguente impossibilità di decorso dei termini prescrizionali». Tradotto: se Moggi prova a tesserarsi di nuovo, il tempo per la giustizia sportiva non passa, dunque niente prescrizione (scatta dopo 8 anni, ndr). E allora quale potrebbe essere lo scenario che riporterebbe Moggi nelle stanze del pallone? Facendo ricorso sull’inammissibilità di giudizio per Calciopoli 1 e vincendo — sempre alla Corte di Giustizia Federale — in virtù della sentenza di ieri Moggi si ritroverebbe “pulito”. Non tesserabile, certo, ma pulito. Il che gli consentirebbe di svolgere attività di consulenza di mercato, ad esempio, con presidenti e dirigenti senza che questi incorrano nelle sanzioni previste per i «contatti proibiti» con gli inibiti. Potrebbe, in sostanza, fare il direttore sportivo o generale «ombra», da consigliere esterno al mondo del calcio, muovendosi però liberamente all’interno dello stesso.