IL PURGATORIO DI FLACHI, Sdegnato dal calcio
Le braccia tatuate stanno conserte, a protezione del cuore di un ex ragazzo che ne ha viste tante e tante combinate. Un dieci vero che ha regalato sogni ed emozioni, che ha sbagliato uscendo male dal mondo che lo aveva proiettato da un quartiere periferico di Firenze al centro del palcoscenico. Francesco Flachi a 35 anni ha la stessa faccia sbarazzina di quando ne aveva 12. Miracoli della rete, basta cercare la prima intervista al baby fenomeno che faceva parlare Firenze. Anno ’87, tv che non c’è più, Telelibera Firenze.
«La nonna ogni volta che segno mi dà cinquemila lire - l’accento è fiorentino purissimo - adesso tutti mi vogliono, mi garberebbe andare alla Fiorentina, il mi’ babbo ha detto che preferirebbe lasciarmi a Firenze».
Ma non era destino. La Firenze calcistica non è stata granché significativa nella carriera di Francesco Flachi. Tutt’altra storia Genova, sponda rigorosamente blucerchiata. Più di cento gol segnati e tante giocate di classe, anni lunghi, intensi, sudati. Da atleta vero. Fino al 2006 quando viene trovato positivo alla cocaina e fermato per la prima volta. Flachi accetta la squalifica e si mantiene in forma. Ricomincia da Empoli dopo aver scontato i due anni di stop. L’anno successivo, è il 2009, va a Brescia dove ricade nell’errore. E’ ancora una volta positivo alla cocaina ed incappa in una sanzione durissima, dodici anni di squalifica, ovvero fino al 2022. Fu quella la fine della sua carriera calcistica.
«Ma non voglio si dica che sono uscito da un tunnel - sibila davanti alla focacceria che ha appena aperto a Firenze, a due passi da piazza della Libertà - non ne sono uscito perché non ci sono mai entrato, ho solo fatto degli errori, ma a voi giornalisti piace buttarla sul drammatico, creare il caso umano, fare il colpo. Ho sbagliato ed ho chiesto scusa a chi dovevo chiederlo, ai miei genitori, a mia moglie ed ai miei figli».
Come ti sei sentito trattato dal mondo del calcio, pensi di essere stato punito con troppa severità?
«Col calcio ho mangiato e non ci sputo sopra, ma forse certe leggi non sono del tutto giuste. Lo ammetto, il calcio mi ha sdegnato. Io non ho alterato gare, non ho rubato, eppure sono stato punito più severamente che se avessi commesso un grave illecito sportivo, se avessi falsato una partita. E’ sbagliato non aiutare chi commette errori come il mio, si rischia di abbandonare una persona in difficoltà, magari spingendola a far peggio.
Quando mi squalificarono la prima volta fu molto dura, io sono una persona che vive di emozioni, anche una pacca sulle spalle mi fa piacere e allora non me ne arrivarono molte... ma queste cose me le sono messe alle spalle».
Non tornerai nell’ambiente?
«Se dovessi mai farlo lo farei solo per una persona, Valter Novellino. Lui mi è sempre stato vicino e se un giorno mi dovesse chiamare a lavorare potrei anche pensarci. Comunque ho una squalifica di dodici anni..».
Rimpianti?
«Sono stato un ragazzo fortunato, ho fatto ciò che mi piaceva, ho guadagnato».
E adesso il mondo dell’imprenditoria, un locale, forse una catena con un marchio doc per panini...
«Da tempo pensavo di aprire un’attività, mi piace stare in mezzo alla gente e non mi vergogno di sparecchiare o spazzare per terra. Nella vita sapevo solo giocare a pallone, al minimo problema mandavo altri a risolvere, non sapevo avvitare una lampadina, mi sono rimesso in gioco, del resto la soddisfazione di fare gol la domenica non ce l’ho più e devo andarmene a cercare altre. A giorni aprirò anche un ristorante con un mio ex compagno dell’Empoli, poi altre focaccerie».
L’umiltè, come diceva Sacchi?
«L’altro giorno c’era un ragazzo che vedendomi sparecchiare mi ha fatto i complimenti, sei umile mi ha detto. Per me è stato come fare un gol sentire una frase così da uno sconosciuto».
Niente rimpianti, umiltà e mai più calcio, ma l’addio ai tuoi tifosi lo darai?
«Da quando è uscita la notizia di questa mia nuova attività viene ogni settimana gente da Genova, se non mi fossi comportato bene con tante persone forse oggi non riceverei tanto affetto. Quelli sono i miei tifosi e presto penseranno loro ad organizzarmi una partita d’addio a Marassi».
Resta il grande rapporto con i tifosi, ma il mondo del calcio sembra ti sia ormai estraneo.
«Il mondo del calcio è bello, sei famoso, guadagni i soldi, però sei anche sempre sotto controllo, non puoi essere vero. Devi assumere un atteggiamento predeterminato.Sarebbe meglio ci fosse più libertà, meno ipocrisia, come in Inghilterra. Libertà, equilibrio e meno pressioni. Adesso di calcio mi piace solo parlarne, anche se non rinuncio a giocare a calcetto per tenermi in forma».
Adesso puoi essere te stesso? E questa la vera conquista del Flachi ex giocatore?
«Ora posso stare in mezzo alla gente e nessuno può più impedirmelo. Ho cambiato vita rispetto a quando giocavo ed ero obbligato a rispettare regole di opportunità, a mettere una maschera». Francesco Flachi torna ai panini e alle birre perchè qui c’è da lavorare davvero: «E’ buffo - dice salutando - la gente che mi ferma per strada mi fa più complimenti adesso che quando giocavo, mi dicono: sei un grande. Un grande bischero rispondo io. Bischero, ma non ipocrita».