LJAJIC, Il bimbo prodigio finito in tribuna
Il bimbo prodigio, un anno dopo. Bilanci, sensazioni, crescita e difficoltà di un Piccolo Principe. Adem Ljajic è finito in tribuna. Nonostante l'assenza infinita di Jovetic, nonostante un Mutu più fuori che dentro. Questione di ruolo, di età. Di eccessive speranze, soprattutto. Una stagione complicata, per il ragazzino.
Ciuffo scomposto e occhi maligni, Adem si è presentato a Cortina (la scorsa estate) con la promessa di rivelarsi in tutto il suo talento. Sei mesi di apprendistato (agli occhi di tutti) dovevano bastare per definirsi pronto per il calcio italiano. Roba dura, per chiunque. Eppure già in ritiro Mihajlovic se lo coccolava. “E' straordinario”, e ancora: “Solo io tiro le punizioni meglio di lui”. Stile Sinisa, stile sbagliato. Forse.
Eppure lui eccitava i (pochissimi) tifosi presenti sulle Dolomiti. Giocate da fini palati, palloni accarezzati, perle da fermo. Si divertiva nel divertire. Pensava, il mister, ad una squadra “con lui, Mutu e Jovetic insieme”. Perché no? Pensavano molti. Poi l'infortunio del ricciolo che doveva trascinare i viola, le scorribande del Fenomeno ed eccoci all'alba del campionato. Agosto, White Hart Lane, Tottenham-Fiorentina. Prima prova per quello che dovrà essere. Ljajic segna, su azione, e lascia sperare in qualcosa di grande.
Non sarà così. Un paio di gol su rigore, il trasporto nel vedere un bambino presentarsi dal dischetto con la freddezza glaciale del campione, e poco altro. Un errore (sempre dal dischetto) col Palermo, ed un lungo digiuno. Difficoltà, paure, panchine e ruoli diversi. Esterno nel 4-3-3, uomo dietro alla prima punta nel 4-2-3-1, attaccante nel 4-4-2. La Fiorentina si confonde, Adem si perde. Un lampo improvviso, col Brescia. Sussulto di classe in un pomeriggio di follia. Un gol vero, su azione, bellissimo. Il primo, da quando porta il Giglio sul petto.
E allora via con i paroloni. Ancora. “La partita della svolta”, il “ragazzo è diventato grande”. Chiacchiere. I viola restano tristi e noiosi e Ljajic sparisce. Inesistente a Napoli, inguardabile col Lecce. Non salta un uomo, non incide, non inventa. Diciamo la verità, una delusione. Mica che sia solo colpa sua. Ci mancherebbe. La squadra non funziona, l'organizzazione è concetto sconosciuto. Improvvisazione tanta, idee poche. Difficile emergere in un contesto così.
Tutto vero, ma intanto Adem si accomoda in panchina. E' la gara col Genoa, e Mihajlovic si affida all'esperienza nella partita che può decidere il suo futuro. La Fiorentina (in qualche modo) porta a casa i tre punti, e il giovane serbo resta a guardare. Ascolta i fischi a Cerci e pensa: “Magari a Parma tocca a me”. Illusione tremenda. Non solo l'ex Roma viene (incomprensibilmente) confermato, ma al Piccolo Principe tocca la tribuna. Brutta storia. Accanto a lui Jovetic. Quasi un segno del destino. Doveva raccoglierne i compiti, se l'è ritrovato a due metri di distanza. Uno per infortunio (ma sta sempre meglio), l'altro per scelta tecnica. Altro livello, il buon Stevan. Uno che al primo vero anno in Italia ha schiantato Liverpool e Bayern Monaco in Champions League.
E pensare che il giorno dell'arrivo di Ljajc, nel gennaio 2010, qualcuno lasciava trapelare sorprendenti “relazioni”. Quello buono per davvero è lui, mica Jove. Imparerà mai, questo qualcuno, a volare un po' più basso? Se si presenta Cerci come il talento strappato alle grandi d'Europa cosa si può pretendere dai tifosi quando lo vedono sul campo? Se si annuncia un 18enne di 70 kg scarsi come l'uomo dei sogni non si esagera un po'? Probabilmente si, e a pagare poi è soltanto il ragazzo.
Perché il talento c'è ed non si discute. Perché diventerà giocatore e non v'è dubbio. Ma ci vuole pazienza. Soprattutto, bisogna lavorarci, e proteggerlo. Se la prendevano con Prandelli per gli ormai celebri “sei mesi di purgatorio”. Ma guardate dove sono arrivati Pazzini, Montolivo, Kuzmanovic e lo stesso Jovetic. Sarà mica un caso? Da Fenomeno assoluto a semplice ragazzo da spedire in tribuna. Qualcosa non torna. Recuperalo ed evitare di perderlo. Questo è l'obiettivo. Perché ora il Piccolo Principe è triste. E un ragazzo senza sorriso è come cuoco senza cucina. Inutile.