LA RI-COSTRUZIONE DI UN AMORE

30.03.2010 00:00 di  Matteo Magrini   vedi letture
LA RI-COSTRUZIONE DI UN AMORE
FirenzeViola.it
© foto di Federico De Luca

Costruire un amore è impresa dura. "Spezza le vene delle mani, mescola il sangue col sudore", ti costringe a fare passi indietro quando vorresti andare avanti, ti obbliga ad ascoltrare una volta in più e a parlare una in meno. E il bello (mica tanto), è che spesso non basta. No, perchè quando credi di avercela fatta, a volte decidi di buttare via tutto. O tutto crolla, così, all'improvviso.


Diego Della Valle e Cesare Prandelli ci stanno provando. Ognuno con le sue colpe. Cinque anni di rapporto vero, profondo, fatto di lealtà, soprattutto. Mai una parola tradita, mai un pensiero che volasse altrove. Sempre insieme, sempre uniti, anche nelle difficoltà. Non sono bastati calciopoli e l'incubo della serie B a scalfire un amore scoccato prima di conoscersi. Prandelli aveva deciso di lasciare Roma, la Roma e la sua prima esperienza nel grandissimo calcio per stare vicino a Manuela e i Della Valle (Diego, soprattutto), decisero proprio in quel momento che quello era il loro uomo. Quello che doveva portare in alto la loro nuova creatura, quello col quale costruire un sogno chiamato terzo scudetto.


Questione di feeling direbbe qualcuno, o di valori. Quante volte abbiamo sentito questo termine. Dall'una e dall'altra parte. "Prandelli è uomo dai valori veri, umani, di quelli che piacciono alla nostra famiglia", dicevano i DV. "La mia proprietà è garanzia di serietà, di valori sani", rispondeva il mister. Mai uno screzio, mai una sbandata. Un rapporto solido come la roccia, impossibile da scalfire. "Finchè ci sarà questa proprietà io resterò a Firenze". Sembra passata una vita da quando un anno fa il Pranda chiuse così ogni porta che si apriva davanti a sè. Niente Juventus, niente Milan. Solo la Fiorentina dei Della Valle. Prandelli guardava verso il suo amore, che piano piano si faceva "più vicino al cielo" e continuava a credere in quel sogno.




Nel frattempo però, qualcosa è cambiato. Costruire un amore è impresa dura, "è come un altare di sabbia in riva al mare" e quindi fragile, esposto a mille onde provenienti spesso da lidi lontani. E dopo tanti anni, quando credi di poter star tranquillo, qualcosa s'inceppa. Capita. Non sempre, ma spesso. Ed è quello che sta accadendo a Firenze, tra la proprietà e Cesare Prandelli. Tanti errori, piccoli e all'apparenza ininfluenti, che piano piano hanno scavato una voragine.


Troppo assente il patron, e troppo convinto di aver creato un fortino inattaccabile. Forte di quel rapporto di cui sopra, si è allontanato dal mister, rendendo sempre più difficile il confronto diretto. Ma non solo. La colpa più grande è stata infatti tarpare le ali al sogno non solo di un allenatore, ma di una città intera. Perchè siamo tutti d'accordo (se esiste qualcuno che non lo è si faccia avanti) nel sostenere la linea dei bilanci "puliti e in ordine" lanciata dalla società, ma poi c'è anche altro. Ci sono le emozioni e la voglia di osare, perchè il calcio è cosa diversa da un'azienda. Non è solo plusvalenza e conti. E' gioia, calore, passione. E qua arriviamo al punto fondamentale. Quelle parole gelide e cattive rilasciate a la Gazzetta, il mister, non se le meritava. Soprattutto, non meritava di leggerle su un giornale.


Ma sarebbe sbagliato, adesso, sottolineare solo le colpe di patron Diego. Anche Prandelli poteva fare di più, per difendere questo amore costruito con tanta forza. Poteva, ad esempio, evitare di frapporre mesi di non detto tra lui e la società. Quando una campagna acquisti non andava bene, quando qualcosa non tornava, bisognava farlo presente. Subito, con chiarezza. Perchè un conto è l'aziendalismo e un conto è l'accettare sempre tutto. Fare presente un problema significa affrontarlo e spesso, tra persone che si stimano e rispettano, risolverlo.
 

Ma ormai è andata così, e servirebbe dilungarsi nell'elenco di colpe o meriti. Si tengano presenti, questo si, per il futuro. Adesso sarebbe il caso di guardarsi in faccia e di gettare sul tavolo tutto quanto per cercare di ricucire uno strappo troppo doloroso per essere lasciato aperto. E' difficile, ma si può. Certo, bisogna volerlo. E qua sta il punto fondamentale. Perchè Prandelli e Della Valle sono persone intelligenti, che sanno affrontare le questioni da uomini veri. Lo hanno dimostrato in questi anni e devono dimostrarlo di nuovo adesso. Siamo convinti che i presupposti ci siano, anche se una discussione seria, anche dura, è necessaria, aldilà di come vada a finire. Se non altro per regalare chiarezza ad una città che merita chiarezza, e per non ricordare questa storia come una splendida avventura finita male. Perchè, allora, non provarci. Non sarebbe bello ripartire, magari con ambizioni diverse e meno gloriose ma con rinnovato entusiasmo? I fiorentini vogliono questo, non vogliono spaccarsi e non vogliono scegliere. Lo capiscano, Della Valle e Prandelli. Capiscano che sono loro, assieme a tutti gli altri protagonisti, gli artefici di una Fiorentina che piace e che ha fatto sognare e divertire. Sono loro che devono guardarsi negli occhi, guardare verso questo amore che sale fino al cielo e capire che attraverso le difficoltà i rapporti spesso ripartono. Il nodo è sempre quello, basta volerlo.