EVIDENTE FRAGILITÀ
Non esistono vie di mezzo, certamente non quando di mezzo c'è un pallone. E così, inevitabile, la frattura del lunedì si ripropone anche dopo il 3-3 di Reggio Emilia. La novità semmai è che stavolta nella valanga di delusione c'è finita anche la squadra. Colpa dei risultati deludenti inanellati più o meno dalla fine di settembre, ma anche di una fragilità mentale che si fatica a spiegare. In fondo più che un posto in Europa League, a un gruppo sì giovane ma pur sempre di professionisti, non è stato chiesto.
Eppure è proprio nella personalità che oggi la Fiorentina zoppica, senza punti di riferimento che possano raddrizzare la rotta e chiamata ad affidarsi a lampi estemporanei come avvenuto con Pezzella nel recupero della gara con il Sassuolo. Certamente il capitano ha dato un apporto inestimabile, ma vien da chiedersi che cosa avessero combinato i suoi compagni di squadra per gli oltre ottanta precedenti minuti.
Ed è nella risposta a questa domanda che si evidenzia il limite alla radice di questa squadra, un difetto di costruzione nato da un'estate di mercato resa complicata dalla cronica richiesta di prestiti e operazioni a costo zero. Finisce così che nè Pjaca nè Gerson possano offrire qualità, e che lo stesso Lafont cominci a pagare età ed esperienza in un campionato difficile come quello italiano. Rinforzi che sulla carta avrebbero dovuto rendere più solida la Fiorentina e che invece oggi l'hanno semplicemente resa più fragile.
Molle nella testa e nelle gambe come avvenuto più o meno con tutte le avversarie degli ultimi tempi. Quasi una parziale giustificazione per il tecnico, tanto criticato ma almeno domenica decisivo nei cambi all'intervallo. Inserendo, per l'appunto, due titolari reduci dalla passata stagione come Simeone e Chiesa. Perchè dopo quindici giornate non solo i nuovi (o almeno quelli che giocano) non hanno alzato il tasso qualitativo, ma hanno reso ancora più evidenti tutte le incertezze e i paradossi di questa Fiorentina.