CALCIOPOLI, un'inchiesta da buttare
Calciopoli dieci mesi dopo. «Da un’analisi approfondita delle intercettazioni non emergono elementi tali da ritenere provato l’illecito sportivo» scrivono i giudici del Coni che hanno ridotto la squalifica a Diego Della Valle. Come dire, abbiamo scherzato. Ma non c’è niente da ridere visto che nel frattempo una squadra (la Juve) è finita in serie B con due scudetti in meno, altre (Milan, Fiorentina, Lazio e Reggina) sono state sconquassate nella classifica, nel morale e nei bilanci. E, particolare non secondario, la vita di molte persone non sarà mai più la stessa. Tutte vittime di un’inchiesta condotta con enorme leggerezza, ispirata dalla fretta, sponsorizzata dall’emotività. Dentro quelle telefonate c’erano deprecabili goliardie, millanterie, volgarità, amicizie e parole lontane dall’etica sportiva, ma niente più. Chi le ha date in pasto all’opinione pubblica senza alcun filtro e senza alcuna analisi preventiva ha mirato a creare un clima da ghigliottina. Chi doveva frenare e riflettere, nel nostro caso il commissario Guido Rossi, ha preferito accelerare.
Il peccato originale è questo. Servivano indagini accurate e processi seri, veri, approfonditi: li hanno fatti in mezza giornata. Ora che quasi tutte le sentenze d’estate non sono arrivate a primavera siamo pieni di dubbi e di domande. Ci chiediamo chi risarcirà i danni morali e materiali alle persone e alle società. Ci mettiamo nei panni di Moggi e De Santis: alla fine hanno fatto tutto loro. E da soli: complimenti. Ma almeno Calciopoli ha dato la scossa per cambiare il calcio? Non avendo risposte certe ci guardiamo attorno e ci imbattiamo in Tonino Matarrese candidato alla vice presidenza della federazione. Dov’è l’errore?