La Fiorentina di Pioli tra mal d’attacco, moduli e incertezze

Il ritorno di Stefano Pioli sulla panchina della Fiorentina aveva rappresentato uno degli snodi più interessanti dell’estate calcistica italiana. Dopo sei anni, il tecnico parmense è tornato a guidare i viola, con un contratto triennale ufficializzato il 12 luglio 2025.
Nel frattempo, ha accumulato aveva esperienze di grande spessore: lo scudetto vinto con il Milan nella stagione 2021/22 e l’avventura in Arabia Saudita con l’Al-Nassr. Pioli a Firenze era arrivato con un compito chiaro: riportare stabilità, entusiasmo e, possibilmente, risultati concreti a una squadra che negli ultimi anni ha alternato lampi di talento a fasi di evidente discontinuità. Invece, dopo quasi tre mesi di lavoro tra ritiro e prime gare ufficiali, la Viola appare ancora senza volto e soprattutto senza gol. Un problema che inizia a diventare pesante, anche perché l’investimento fatto dalla società sul reparto offensivo era stato considerevole.
Il mercato estivo: rinforzi mirati e conferme importanti
La campagna acquisti estiva aveva dato a Pioli strumenti nuovi e interessanti. La società aveva puntato su un mercato definito dagli esperti “abbondantemente sufficiente” e, per alcuni, addirittura “intelligente”. L’obiettivo era chiaro: rafforzare la rosa senza smantellarla, confermando i giocatori chiave e innestando qualità ed esperienza in ogni reparto.
In attacco è arrivato Edin Džeko, giocatore che non ha bisogno di presentazioni, capace di garantire peso offensivo e leadership nello spogliatoio. Al suo fianco è stato acquistato anche Roberto Piccoli, giovane punta reduce da un’ottima stagione all’Empoli, definito dallo stesso Pioli “un innesto importante che ci dà profondità e capacità tecniche”.
A centrocampo era arrivato il colpo Nicolò Fagioli, pronto a rilanciarsi dopo gli anni alla Juventus, affiancato da Nicolussi Caviglia, regista dinamico e capace di dettare i tempi della manovra.
La difesa ha visto invece il rinnovo simbolico di Pietro Comuzzo, talento della cantera viola, rimasto a Firenze nonostante le sirene di Atalanta e club arabi pronti a investire oltre 35 milioni di euro. La sua permanenza è stata letta come un segnale chiaro: la Fiorentina non ha voluto cedere i suoi gioielli, ma anzi intende costruire su di essi le basi per lottare per traguardi prestigiosi.
Un attacco costruito (e pagato) per fare la differenza. Tra cartellini e ingaggi, l’area tecnica ha puntato forte sull’attacco. Kean, Piccoli, Džeko e Gudmundsson erano arrivati con alle spalle la bellezza di 66 gol complessivi realizzati nella scorsa stagione. Un patrimonio che avrebbe dovuto garantire a Pioli alternative, gol e leadership. Ma in campionato il dato è impietoso: nessuno degli attaccanti viola è ancora riuscito a segnare. Le uniche reti del quartetto portano la firma di Gudmundsson e Džeko, ma arrivate nel preliminare di Conference League contro il Polissya.
L’avvio in Serie A: mancano i gol
Il percorso in Serie A parla chiaro: due pareggi (a Cagliari e Torino) e due sconfitte casalinghe, contro Napoli e Como. Un bottino di soli due punti in quattro giornate, che ha riacceso la contestazione della Curva Fiesole e riaperto un film già visto nelle ultime stagioni, quello della caccia all’allenatore.
Pioli, dal canto suo, aveva sottolineato le difficoltà iniziali dovute a un calendario che l’aveva costretto a giocare tutte le prime quattro gare lontano dal Franchi. Ma il ritorno in casa ha portato addirittura due ko consecutivi. La sensazione, al di là dei risultati, è che la squadra non abbia ancora trovato la propria identità.
Conference League: un inizio senza patemi
Se in campionato la Fiorentina sta cercando il ritmo giusto, in Conference League il cammino è partito in discesa. Il doppio confronto contro il Polissya Zhytomyr si è chiuso con un rotondo 6-2 complessivo, grazie al 3-0 esterno dell’andata e al 3-2 casalingo al ritorno. Tale partita di ritorno avrà fatto senz’altro piacere al sito di scommesse Lottomatica e affini, dato l’andamento del match. Una qualificazione senza patemi che ha permesso a Pioli di sperimentare rotazioni e moduli diversi.
«La terza gara in una settimana richiede equilibrio e preparazione» aveva sottolineato l’allenatore. In Europa, Pioli dovrà saper bilanciare l’impiego dei titolari e la crescita dei giovani, puntando a un percorso che dia visibilità internazionale e, perché no, la possibilità di alzare un trofeo. Dopo le finali perse in passato, i tifosi sognano che questa sia la volta buona.
Cinque formazioni diverse in sei gare
In un mese, Pioli ha cambiato cinque volte assetto e interpreti. Dal 3-5-2 “anomalo” visto a Cagliari, al tridente pesante con Gudmundsson dietro Kean e Piccoli a Torino, fino al 4-4-2 rivisitato della sfida col Como. Ogni volta nuove soluzioni, ogni volta la ricerca di un equilibrio che continua a sfuggire.
Eppure, Pioli aveva detto di voler insistere sulla difesa a tre: una scelta smentita dai fatti, segno di una confusione che non giova né alla squadra né all’ambiente. Gli esperimenti hanno prodotto poche certezze e troppi interrogativi, tanto che oggi la Viola sembra lontana dall’essere un gruppo con idee chiare.
Dirigenza e allenatore sotto esame
Le responsabilità non ricadono solo sul tecnico. La società, dopo aver speso 90 milioni sul mercato e aumentato un monte ingaggi già pesante, non è riuscita a portare a Firenze un titolare capace di spostare gli equilibri. Il centrocampo, reparto rivoluzionato dal 2019 a oggi senza mai trovare stabilità, resta l’anello debole di un progetto che si è affidato spesso a scommesse provenienti da squadre retrocesse o in lotta per non retrocedere.
Pioli, dal canto suo, ha forse sopravvalutato la possibilità di trasformare rapidamente la rosa in una squadra ambiziosa e capace di giocare un calcio propositivo. Fin qui, i fatti dicono il contrario: poca aggressività, troppi duelli persi, attaccanti isolati e linguaggio del corpo dei giocatori che tradisce smarrimento.
Il tempo degli esperimenti è finito
Un anno fa, con Palladino in panchina, la Fiorentina trovò la svolta proprio alla quinta giornata, quando arrivò la vittoria sulla Lazio e iniziò la risalita. Quest’anno il calendario propone un’altra sfida cruciale: domenica contro il Pisa, in un derby che rischia di diventare già decisivo per il futuro di Pioli.
Sarà una settimana di lavoro intensa al Viola Park, senza impegni europei a complicare la preparazione. Il Pisa, al contrario, dovrà affrontare anche la Coppa Italia contro il Torino. Un’occasione che la Fiorentina non può fallire: servono punti, identità e soprattutto gol.
Pioli dovrà abbandonare le prove di laboratorio e scegliere una direzione chiara, con coraggio e senza paura. L’entusiasmo per il suo ritorno si sta rapidamente consumando e la pazienza della piazza è agli sgoccioli. Perché, dopo quasi tre mesi di lavoro, la verità è semplice e amara: questa Fiorentina ancora non esiste.
Contro il Pisa non ci saranno più alibi. O la Viola cambia passo, o la crisi diventerà profonda e difficilmente reversibile.
Testata giornalistica Aut.Trib. Arezzo n. 2/07 del 30/01/2007
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