DONADONI, Vuole rilanciare Cassano
«Solo coreografia e business». Le due parole, appiccicate dal Roberto Donadoni come etichette al battage polemico che apre Italia-Francia con due settimane d’anticipo, sono rapide e conclusive. Un po’ come - fatte le debite distanze sul vocabolario - le sei parole a Zidane di Materazzi, improvvidamente rivelate in prossimità della nuova sfida ai Bleus. Fa di tutto, il commissario tecnico dell’Italia post-mondiale, per dribblare le liti innescate dal suo collega Domenech. Il giudizio arriva da San Siro, dove l’Italia si è ritrovata per il test con l’Ungheria e la testa ai rivali del prossimo 8 settembre, su questo stesso terreno. Però tra gli azzurri ci si chiedeva perchè mai Materazzi avesse sentito il bisogno di svelare il segreto proprio ora, l’annuncio del libro in uscita il 30 agosto ha tolto i dubbi.
Nella guerra di nervi preventiva, e come tale verosimilmente anche questa inutile, la rivelazione di Materazzi rischia di far la fine del fuoco amico. Lo dimostra il rilancio di domenica da Parigi («gli italiani cercano di caricare la partita di significati», han detto in coro Domenech-Vieira), quando invece la linea azzurra era stata finora di lasciar provocare, senza replicare a colpi di testa.
«Sono solo strategie», ha provato a liquidare la questione Donadoni. «Se Domenech è agitato, sono problemi suoi - ha aggiunto - Non devo rispondere a lui. Italia-Francia già cominciata? Per loro, io penso all’Ungheria. Tutte queste parole fomentano e ingigantiscono una partita: è un pò come la violenza, se se ne parla si fa il gioco di chi la pratica».
Possibile che le frasi di Domenech e le rivelazioni di Materazzi non scuotano il ct?
«Mi scuote il campo: il resto è coreografia e business». E poi, per chiarire meglio cosa ne pensi di quell’epiteto a Lila Zidane, Donadoni chiude: «A distanza di un anno sentirne parlare ancora mi fa sorridere.
Non c’è niente di meglio. Il libro? Se esce, lo leggeremo...».
Intanto Donadoni prova a scorrere un’altra trama. Quella che gli propone un Toni espatriato e in gran forma, un Cassano in cerca di affetto, e forse il fastidio di qualche club per l’alto numero di convocati: il Milan ad esempio ne ha 5. «Non so perchè, ma la domanda me l’aspettavo - la replica stizzita del ct a chi chiedeva se avvertisse lamentele di qualche società - A me non ne hanno presentate: ma attenzione, abbiamo parlato tanto di giocatori disamorati, e ora ci si lamenterebbe perchè c’è chi vuole venire in azzurro? Eh no, i conti non tornano. Se si vuol provare la nazionale senza avere i calciatori...».
In casa Milan, il ct ex rossonero rassicura Gilardino («ho parlato con lui, l’assenza non è una bocciatura perché deve ancora recuperare peienamente dopo l’operazione al ginocchio») e frena gli entusiasmi di Inzaghi («ha segnato due gol, è il suo mestiere: non fatene un Pelè»). Sorride poi all’idea di un Toni in forma: «Con quella stazza, è una bella sorpresa sia già a questo punto».
Chiuso il caso Totti («io non ne ho mai potuto usufruire»), Donadoni guarda al futuro. Ovvero a Cassano in cerca di affetto anche con lui, e pronto a istituire un rapporto confidenziale, insomma a fare l’anti-Totti in vista dell’Europeo.
«Ha telefonato, fa piacere che abbia cercato con me anche un rapporto umano: come con una persona al quale vuol confidare cose personali, non solo professionali», ha raccontato il ct. A differenza del mistero di Berlino, questo è un segreto che non fa male svelare.
Secondo Donadoni le motivazioni dell’assenza dalla lista dei convocati di giocatori come De Rossi, Perrotta e Camoranesi sono «evidenti a tutti: si tratta di qualche motivo di ritardo di condizione». E il fatto che Toni, Rolando Bianchi e altri abbiano scelto di andare all’estero non crea nessun problema: «E’ stata una loro scelta, se l’hanno fatta vuol dire che sono convinti che sia quella migliore. Non è una sconfitta per il calcio italiano».