IL MARATONETA... La legge è uguale per tutti??

Vi proponiamo la consueta rubrica del martedì, il Maratoneta, tenuta da un "vecchio" ultrà della Curva Fiesole.
10.04.2007 09:52 di  Redazione FV   vedi letture

Riaperto finalmente per tutti, e non più solo agli abbonati, lo stadio Franchi sabato 7 marzo ha presentato, agli osservatori più attenti, due curve spoglie ed in silenzio. Niente striscioni, nessuna bandiera, megafoni e tamburi lasciati nei ripostigli, banditi i fumogeni e le torce, addirittura divieto di introdurre vessilli diversi da quelli della propria squadra. Queste, a grandi linee, le direttive delle nuove normative che regolano l’accesso alle manifestazioni sportive varate in modo definitivo dai due rami del Parlamento.
Il decreto Amato, messo su in fretta dopo i fatti di Catania, e convertito in legge la settimana scorsa  in modo bipartisan da Governo ed opposizione, ha subito scatenato le proteste di tutte le curve d’Italia.
La protesta della Fiesole (e di tutte le altre curve italiane), mi preme sottolinearlo, è stata assolutamente apolitica, visto che l’obbiettivo non erano il Professore o il Cavaliere di turno, ma il solito “sistema delle eccezioni” che vige sul suolo italico fin dalla notte dei tempi.
Nella serata di mercoledì 4 aprile allo stadio Olimpico di Roma era andata in onda l’abituale deroga capitolina in fatto di legge. La Città Eterna, evidentemente non abbastanza soddisfatta ed appagata per le eccezioni concessele in questi anni in materia di fallimenti, debiti verso l’erario, fideiussioni e omaggi alle categorie arbitrali, in occasione della gara di Champion’s League pensa bene di riaffermare all’Italia intera la propria “diversità” anche in materia di tifo.
Contro il Manchester infatti la curva Sud si mostra in Eurovisione come se niente fosse successo da quella sera del 2 febbraio: e allora vai con gli striscioni, vai con le torce, vai con i fumogeni, le bandiere e quanto altro abitualmente in dotazione al “meraviglioso pubblico” romano.
E le nuove leggi? E le nuove direttive? Ed i nuovi regolamenti? potrebbe chiedere l’uomo comune. Ma da Roma si sentirebbe rispondere “Vabbè, ma che c’entra?!?” E dietro insistenza del troppo curioso italiano medio, la risposta più adeguata che potrebbe ricevere dalla Capitale spazientita da tanta pedanteria, sarebbe quella storica dell’Alberto Sordi - Marchese del Grillo, “Ahò, e che vé devo dì? Mi dispiace, ma io sò io e voi nun siete un c…”

Ecco, il problema della Città Eterna è tutto qui, l’eccezionalità in tutto!
E per la sua gente quindi non si tratta tanto di una questione di geni tramandati da generazioni, non è un problema di DNA, ma di una vera e propria mentalità, retrograda, papalina, vero e proprio retaggio dell’atavico ripetersi di questa arroganza nata ed allevata da eccezioni, dispense, deroghe, riserve e strappi come se il tempo si fosse fermato e tutto si svolgesse ancora nella Roma d’inizio ottocento del film di Monicelli –Sordi.
La mia non è un’arringa contro la Capitale, non lancio invettive del tipo “Delenda Roma”, non sono animato da sentimenti leghisti e neppure da risentimento personale, considero solo dati oggettivi, incontrovertibili e sotto gli occhi di tutti.
Allora perché ancora una volta si continuano a fare distinzioni in figli e figliastri? Perché si trattano i cittadini in modo differente per la stessa fattispecie? Perché per qualcuno gli occhi da chiudere sono sempre due, mentre per altri si vigila attentamente? Perché si continua ad insinuare nel cittadino la sfiducia nelle istituzioni e nella giustizia?
Non si può chiedere collaborazione agli ultras italiani per un tifo diverso e poi non applicare la legge con uniformità, non si può invocare maturità a curve alterne, non è concepibile continuare a considerare Roma come un corpo estraneo al resto d’Italia, una specie di porto delle nebbie dove la legge viene applicata se e quando si vuole.
So bene che le mie sono domande dirette e scomode, sono quesiti dell’uomo comune, interrogazioni che meriterebbero una risposta che purtroppo non arriverà mai, ma che fanno ancora una volta riflettere sull’ineguaglianza del cittadino di fronte alla legge, in barba all’Articolo 3 della nostra Costituzione.

S.G.