MAXI RODRIGUEZ, "la fiera del siglo..."

28.03.2007 08:13 di  Andrea Pasquinucci   vedi letture
Fonte: di Valerio Ghisi per tmwnews.it

Vi vogliamo raccontare una storia: non è una fiaba, è la storia di un calciatore, Maximiliano Rodriguez. I protagonisti, in ordine sparso, sono il tocco corto, una specialità balistica degli argentini, una pulce, un mago, una bestia feroce e un principe.

L’apodo, il soprannome o il nomignolo che dir si voglia, nella terra di Diego Armando Maradona è spesso il mezzo più diretto ed efficace per raccontare una storia.Vi diciamo dunque che dalla Patagonia al confine con il Brasile lo chiamano “el toque”, ed è la grandezza dell’Argentina. E’ il passaggio breve, un “tic e toc“ che finisce regolarmente sui piedi di Juan Roman Riquelme, non è il più bravo di tutti, lo chiamano “el mudo“, ma questa è tutta un’altra storia. Si dice che gli argentini nel toque ci inzuppino il pane, tra questi un certo Maximiliano Rodriguez. Lo chiamano “el fetiche“ perché il suo commissario tecnico, di lui, non ne farebbe mai a meno. Per tutti gli appassionati del futbol albiceleste però Maxi è semplicemente “el Principe Maximo“, perché di fatto l’Argentina oggi è tutta ai suoi piedi. La storia che vi vogliamo raccontare è questa, ma qui siamo già giunti alla fine.
Le origini del nostro racconto hanno invece inizio in un quartiere di Rosario, la città più grande della regione argentina di Santa Fè. La contrada in questione si chiama Bella Vista, un agglomerato di case che da quelle parti gli abitanti del quartiere confinante chiamano “el barrio leproso“. La lepra è la lebbra, ma della malattia non vi è mai stata traccia. Per chi vi abita solo la colpa, per la quale bisogna andare fieri, di essere tifosi del gloriosissimo Newell’s Old Boys, una squadra che nei primi anni del 900 accettò di giocare una partita di beneficenza in favore dei lebbrosi del paese. L’iniziativa non trovò particolarmente esaltati i cugini nemici del Rosario Central, “las canallas“, le canaglie, gli stessi che oggi confinano con Bella Vista. In questo quartiere che trasuda gloria e tradizione nasce il 2 gennaio del 1981 Maximiliano Rodriguez, a pochi metri da una muraglia che raffigura il volto di Maradona accompagnato da una scritta: “El mejor del siglo tiene lepra“, il migliore del secolo ha la lebbra. Un tempo Diego vestì la gloriosa maglia del NOB.
Mamma Claudia Rodriguez racconta che il piccolo Maxi fin dall’età di quattro anni aveva un’attrazione fatale per tutto ciò che era rotondo, poteva essere un pallone o una mela caduta dalla borsa delle spesa, il fatto certo era che Maxi, dovunque si trovasse, puntava l’oggetto e correva a calciarlo rischiando più volte di essere travolto dal traffico cittadino. Era pressoché invisibile Maximiliano, un moscerino, anzi una pulce, la “pulguita”. La famiglia era costretta agli straordinari per vestirlo, dovendo rivolgersi ad un’azienda specializzata negli abiti su misura. Maxi non solo è una piccola peste, è anche l’orgoglio di nonno Josè, un tifosissimo del Newell’s che vede nell’attrazione fatale del nipote un segno del destino. A cinque anni Maxi con una maglia rossonera del NOB che gli arriva fino a sotto le scarpe comincia a frequentare domenicalmente, sulle spalle del nonno, il mitico Parque Independencia, lo stadio del Newell’s. Sono gli anni di Sensini, Balbo, Dezotti e Sergio Almiron, i primi idoli da incorniciare sulle pareti della camera da letto. Stufo di doverla solo guardare rotolare quella palla, Maxi, spinto dal nonno, a sette anni decide di entrare nelle giovanili del NOB. Ai bordi dei campi di allenamento la gente attirata dalla pulce strabuzza gli occhi. Maxi avverte il divario atletico con i compagni e cerca di colmarlo con una rabbia agonistica e una grinta impossibili per la sua età. Nasce il mito della “Fiera“, la bestia, così infatti viene chiamato il ragazzo dal proprio allenatore che lo raccomanda ai superiori. Gioca in attacco Maxi, i suoi compagni di squadra sono gli amici di quartiere, Guillermo Marino, Luciano Vella e Leonardo Ponzio, un quartetto di mocciosi che qualche anno più tardi commuoverà nonno Josè. Il destino della “Fiera”, si compie il 14 novembre del 1999. L’allenatore del Newell’s, Andres Rebottaro, convoca in prima squadra Maxi che debutta nella prima divisione argentina contro l’Union di Santa Fè. 
A Maximiliano tremano le gambe, gli tocca il compito di scambiare palla con l’idolo incontrastato Julio Cesar Saldana. Dalla prima squadra non tornerà più indietro, dal 1999 al 2002 giocherà con la maglia rossonera 56 partite segnando 20 gol. In questi anni Maxi forma con Mauro Rosales una coppia d’attacco formidabile, spesso si sposta sulla fascia destra dove trova l’aiuto dell’amico inseparabile Leonardo Ponzio. Il 10 agosto del 2001 al Parque Independencia si gioca Newell’s Old Boys-Banfield, sugli spalti c’è nonno Josè. Sarà questa la miglior partita di Maxi nel campionato argentino, una prestazione sublime coronata da tre gol. Il giorno dopo sul muro di fronte a casa Maxi legge: “Loco por la Fiera”.
Di una simile trasformazione, da pulce a bestia feroce, non può non accorgersene “el Mago” Jose Pekerman, il selezionatore della Nazionale under 20. Nel 2001 torna in Argentina il Mondiale per categoria, un obiettivo che dopo le vittorie di Qatar 95 e Malesia 97 l’Albiceleste non può certo mancare. Tra i convocati di Pekerman c’è Maximiliano Rodriguez, con lui Andres D’Alessandro, Leandro Romagnoli e Javier Saviola. Il problema è come far coesistere assieme questi quattro fenomeni. “El mago” ci prova, attento cultore dell’equilibrio tra reparti catechizza Maxi, lo obbliga a correre e coprire, in allenamento gli fa provare più di cento diagonali. Rodriguez lo chiameranno anche “Mister diagonal“. Il “Mago” insegna ai suoi apprendisti l’arte del tocco ravvicinato, una ragnatela di passaggi che trova sempre sbocco con il gol. L’Argentina domina il Mondiale e Rodriguez diventa secondo il quotidiano Olè “El D’Artagnan de los tres Mosqueteros”, D’Alessandro, Romagnoli e Saviola appunto. Di lui scrivono: “Ha il tocco di Riquelme e il dribbling di Aimar!”.
Maxi saluta Bella Vista e raggiunge l’Europa. Si accasa in Spagna nell’Espanyol dove tra il 2002 e il 2005 gioca 111 partite e segna 26 gol. L’8 giugno 2003 debutta con la Nazionale maggiore.
E’ un lebbroso fiero, sensibile alla solidarietà e in Spagna assieme ai compagni e connazionali Mauro Navas e Martin Posse fonda l’associazione “Un Euro per un sorriso” che porta fondi per la costruzione di ospedali in Argentina. Nell’estate del 2005 Carlos Bianchi lo vuole all’Atletico Madrid, tra argentini ci si intende. Maxi corre, ma non trova il suo mago. Bianchi lo vuole come un certo Guillermo Barros Schelotto, lui ci prova ma arranca, segna comunque dieci gol e alla fine si strappa. Il Mondiale di Germania è in forte dubbio, anzi no. Sulla panchina dell’Argentina siede il mago, toglieteli Veron, Zanetti e Samuel ma “el toque”, “el mudo” e la “Fiera” nemmeno a parlarne. Per la stampa Maxi sarà solo una semplice comparsa, impossibile la sua coesione con Tevez, Messi, Crespo e Saviola. “El socio del silenzio”, Maxi appunto, che lavora a fari spenti sorprende tutti. Il suo esordio mondiale contro la Costa d’Avorio è un duro colpo per tutti quei giornalisti che avevano sbandierato la formazione ufficiale. Il resto è storia recente, la storia di una pulce diventata bestia e in fine Principe Massimo. Oltre il confine di Bella Vista tra le abitazioni dei tifosi del Rosario Central qualcuno ha scritto: “La fiera del siglo tiene lepra”. Nessuno ha cancellato quel murales, questione di rispetto e ammirazione per un calciatore al quale hanno donato, si dice, il sinistro di Maradona. A mamma Claudia e a nonno Josè non sembra vero, l’Argentina è ai piedi della loro piccola pulce.

Dopo il brutto infortunio occorsogli in Spagna-Argentina, Maxi stà recuperando e l'occhio di Pantaleo è caduto su di lui, un grande esterno sinistro per le fortune della sua Fiorentina?