DA VARGAS A EDMUNDO... QUANDO IL TALENTO DA SOLO NON BASTA
Che Juan Manuel Vargas sia un talento, siamo tutti d'accordo. Che lo stia sciupando, sprecando, gettando alle ortiche... lo siamo altrettanto. E non parliamo di una tenue promessa, di una pianticella in procinto di sbocciare, parliamo di un giocatore che al netto della “vita spericolata” sarebbe un campione. Uno di quelli che oggi chiamano: “Top-player”. Chi lo dice? Basta chiederlo a qualsiasi addetto ai lavori. Basta chiederlo a Cesare Prandelli che, appena nel 2009, definì Vargas un giocatore “da Real Madrid”. Un giocatore Top... appunto. Certo, Juan Manuel Vargas non è il primo e non sarà l'ultimo, calciatori dal talento sconfinato (e chi se lo scorda, devastante sulla fascia con gli avversari che si aggrappavano ai calzoncini...) dalle potenzialità fisiche ed atletiche illimitate. Calciatori che (ahiloro) si dimenticano di collegare le gambe col cervello. Col risultato di compromettere una carriera altrimenti luminosa. Proprio come sta facendo Juan Manuel Vargas.
C'E' DA CREDERGLI? Perchè parliamo di Vargas? Perchè il peruviano, al termine della sessione estiva del mercato, è rimasto alla Fiorentina e proprio oggi, dal ritiro della sua nazionale, ha lanciato segnali di pace a tutto il gruppo. “Sono contento di essere rimasto a Firenze – ha detto - loro mi vogliono ed io sono felice”. Da qui a dire: mi rimetto a lavorare seriamente, smetto di andare in giro alle 4 di notte... ce ne corre. Ma tant'è, Vargas è reintegrato e la speranza è l'ultima a morire.
QUANDO IL TALENTO NON BASTA – A questo punto ci vengono in mente esempi assimilabili al peruviano, della storia viola e non. Il primo (ubi maior...) è Edmundo, il celebre “O'Animal”. Sul brasiliano una parola è poca e due son troppe, diciamo solo che Edmundo è (personalmente) nella top-five della storia viola. Parliamo di classe, tecnica, controllo di palla... il calciatore nel suo insieme è un'altra cosa. Certo “O' Animal” la sua carriera l'ha fatta, in patria e con la nazionale verdeoro. Niente a che vedere con quanto madre natura gli aveva concesso. Un altro esempio, seppur con caratteristiche diverse, è Massimo Orlando. Spariamo subito un paragone: il centrocampista veneto è il calciatore che più di tutti si è avvicinato a Marco Tardelli. E parliamo di un autentico fuoriclasse del ruolo. Prevalentemente sinistro, polmoni inesauribili, lancio lungo, tiro dalla distanza, cattivo al punto giusto. Eppure, arrivato a Firenze dalla Juventus come sostituto di Baggio (e per un po' ci riuscì, tanto che la curva cantava: “Orlando meglio di Baggio”) Massimo disputò quattro stagioni a buon livello (serie B compresa) per poi “incocciare” in Claudio Ranieri e in qualche scelta sbagliata. Quindi il passaggio al Milan (per lui uno scudetto da "giocatore non protagonista”), all'Atalanta, ed il lento crepuscolo. Possiamo esprimerci? Una carriera goduta al 50% delle proprie possibilità. L'altro 50 è solo rabbia e rimpianto.
DA GASCOIGNE A CASSANO – Per la Fiorentina ci eravamo segnati anche Morfeo, Flachi (ricordate Cecchi Gori? "Flachi vale Del Piero", e non era il solo a dirlo...) qualche anno prima Mazzarri (almeno lui ha recuperato da allenatore). Ci fermiamo qui. Fuori dai confini viola, invece, c'è l'imbarazzo della scelta, e qualcuno come Adriano (ricordate l'imperatore nerazzurro?) si incrocia con Firenze. Poi “Gazza” Gascoigne, George Best. Ancor prima Gianfranco Zigoni (inizio anni '70), scuola Juve poi Roma e Verona, che soleva andare in giro con la pelliccia. Il brasiliano Denilson (dicevano fosse più forte di Ronaldo), campione diventato meteora in un battito di ciglia. Dulcis in fundo Antonio Cassano e le sue “cassanate”. Per lui una carriera a tre stelle, poche per un talento cristallino mostrato solo a tratti. Come dice il proverbio? Chi non ha testa abbia gambe. Ebbene nel calcio non basta nemmeno quello, ci vuole altro. Per informazioni chiedere a Vargas ed i suoi fratelli.