"AUGURI A..." Dunga, un cucciolo di 50 anni
Carlos Caetano Bledorn Verri, in arte "Dunga". Da buon brasiliano possedeva un nome lunghissimo, (altrettanto) da buon sudamericano fu destinatario di un soprannome che lo renderà immortale. Per i tifosi viola, per i tifosi in genere. Il più grande pregio di Dunga? Sono due. Il primo: è stato uno dei pochi calciatori ad usare (come nessun altro) l'esterno piede. Il destro. Il secondo: Dunga è presente in tutte (o quasi) le formazioni ideali della Fiorentina. Fateci caso: Sarti, Magnini, Cervato (in alternativa, Albertosi, Robotti, Castelletti), poi per tutti arriva Dunga, mediano incontrista capace di impostare la manovra. Subito dopo ci sono Vierchowod, Passarella... chi volete voi. Ma Dunga c'è... per tutti. Giocatore di carattere, con personalità e gran tiro dalla distanza. Grazie a queste qualità (rare trovarle tutte insieme) Carlos Dunga figura nella "top" 11 della storia viola, insieme ad Antognoni, De Sisti, Baggio, Batistuta. E proprio con Baggio, Dunga formò una coppia formidabile negli anni '90, quando la Fiorentina di Eriksson (ma anche di Borgonovo) dava spettacolo ovunque. Quando la Fiorentina di Bruno Giorgi prima, di Graziani poi, spopolava in Europa sfiorando la vittoria in coppa Uefa. Era il 1990, Dunga rimase alla Fiorentina fino al 1992, per poi andare al Pescara. Giocatore finito, si disse. Carriera finita, si aggiunse. Ed invece Carlos vinse ancora un mondiale col Brasile. Da capitano, da protagonista. Nel 1994, negli Stati Uniti, addirittura vinto in finale contro l'Italia di Sacchi. Dunga, allora, realizzò un rigore decisivo nella lotteria dei rigori, ed alzò la coppa del mondo da capitano verdeoro. Due anni dopo che la Fiorentina lo aveva mandato via. Ma questa è un'altra storia.
DA PISA CON FURORE... Si disse che la Fiorentina aveva preso Dunga dal Corinthians nel 1984, nel pacchetto Socrates. Poi Dunga fu parcheggiato prima al Santos, poi al Vasco de Gama, quindi al Pisa di Anconetani. Infine, nel 1988, Dunga arrivò alla Fiorentina. Si capì subito la personalità, il carattere del soggetto. Dunga era il primo ad arrivare e l'ultimo a lasciare l'allenamento. In campo dava tutto, riprendeva i compagni, li "cazziava". Come fece con Carobbi, dopo un gol preso con la Juventus, Come fece con Battistini, sempre dopo un Fiorentina-Juve. Dunga diventò ben presto un idolo dei tifosi, praticamente giocava in scivolata, non lasciava niente di intentato. La sua immagine era quella della sofferenza, del sudore, quella di dare tutto alla causa viola. Per questo, ancora oggi, dopo Sarti, Magnini, Cervato, arriva Dunga. Certo, storia minore, spessore minore. Vittorie, trofei... nemmeno a parlarne. Dunga, però, incarna lo stile fiorentino, lo spirito fiorentino. Quello che lotta contro il potere, che si costruisce la propria gloria senza ringraziare nessuno. Dunga è l'immagine bottegaia di Firenze, e per questo gli facciamo gli auguri. Buoni 50 anni, cucciolo!