Tre modi per essere grandi - Analisi dell'attacco

09.01.2007 07:23 di  Marco Conterio   vedi letture
Crescere, rinascere, consacrarsi. Tre parole sono sufficienti per definire il reparto che sta regalando più emozioni, brividi, gioie e sorrisi ai tifosi della Fiorentina: l'attacco. Firenze sta diventando, pian piano, sempre più Terra Promessa per qualsiasi tipologia di giocatore: giovani di belle speranze che devono affermarsi ad alti livelli, giocatori che, dopo una lunga parabola discendente, sembrano essere tornati in piedi sui pedali recuperando e staccando i fuggitivi, campioni che diventano Campioni. Il primo è il caso di Giampaolo Pazzini, ventiduenne di Pescia, cittadina distante solo qualche decina di chilometri da Firenze, cresciuto nel magico vivaio dell'Atalanta, una vera e propria fucina di talenti. Arrivato in viola proprio dagli orobici, è riuscito ad ingraziarsi i favori del pubblico, dimostrando voglia di fare e di emergere. E' un attaccante utile alla causa, giovane, con ottimo fiuto del goal e senso della posizione. Il futuro della Fiorentina, dicono in molti, e non è un caso se molti club hanno già fatto avanches a Corvino per accaparrarsi le prestazioni di Giampaolo. Le alternative, allo stato attuale delle cose, sono due: farlo crescere alle spalle di Toni, collezionando poche presenze, ma permettendogli di assorbire preziosi insegnamenti dal suo mentore nonché compagno di reparto, oppure lasciarlo andare via per questo finale di stagione, in prestito, dove può giocare un campionato da protagonista e farsi le ossa in vista di un inevitabile rientro alla base. Il problema, se fosse la seconda ipotesi ad andare in porto, diventerebbe poi un altro: Toni, è risaputo, ha caviglie fragili e spesso ha bisogno di riprendere fiato. Chi, nel caso il numero trenta viola fosse costretto ai box, potrebbe sostituirlo? E' inequivocabile che, per questa seconda parte di stagione, se Pazzini dovesse partire in prestito allora un suo sostituto dovrebbe gioco forza approdare in riva all'Arno. Poi si parla di rinascere e Mutu è l'emblema di come un uomo, prima che un giocatore, possa mettersi alle spalle errori, gravi, brutti, ma superabili e ripartire da zero, in un gruppo che crede in lui, che gli da fiducia, aiutato, supportato e cullato da un allenatore che nel rumeno ha lo stesso effetto dell'acqua di Cocoon. Ventisette anni compiuti un giorno fa, il numero dieci di Calinesti ha subito fatto innamorare la gente di Firenze, di cui si è vicendevolmente invaghito: giocate sublimi, goal da cineteca, tacchi, veroniche, una sana dote di egoismo dettata dalla consapevolezza di poter fare di tutto con la palla tra i piedi. La risposta di Firenze qual è stata? Gridare al miracolo. Da tempo infatti non calcava, in maglia viola naturalmente, l'erba del Franchi un giocatore tanto estroso quanto concreto, geniale ed emozionante, quello che mancava per poter tornare, finalmente, a sognare. Le dichiarazioni d'amore lanciate sia dal rumeno, sia dalla società, sia dai tifosi, fanno pensare ad un duraturo sodalizio e questo è ciò che si augura ogni amante del bel calcio in quel di Firenze. Consacrarsi, dicevamo. Se quella di Mutu è una favola splendida, il rospo che diventa principe, c'è anche un principe che diventa Re: Luca Toni. Mister Scarpa D'Oro, Campione Del Mondo, ora anche Cavaliere della Repubblica e chi più ne ha più ne metta. Trentuno reti su trentotto presenze nella passata stagione, nove su quindici in quella in corso, una in meno del suo partner Mutu, una dose infinita di palloni giocati, di sponde, di botte prese, date, di sorrisi e di mani all'orecchio. Già, perché la sua esultanza è ormai diventata un vero e proprio "must", il suo biglietto da visita, l'incubo di allenatori, difensori e portieri avversari; quando la mano di Luca rotea vicino al suo orecchio, vuol dire che per gli avversari c'è stato poco da fare nell'occasione. Nonostante il tira e molla estivo, che ha fatto storcere più di un naso e gridare agli stessi tifosi "al mercenario", i Della Valle sono riusciti a convincere il centravanti di Pavullo a restare in riva all'Arno e, numeri alla mano, si è dimostrata una scelta quanto mai azzeccata, per ambo le parti. Poi il campionato, un cammino da alta classifica, ed anche gli ultimi miscredenti sono stati riportati sulla retta via a suon di goal, suoi ma non solo, visto che l'alchimia con il numero dieci rumeno si è, e si sta, evolvendo sempre di più. Perché diciannove reti in due, in diciotto partite, non possono essere solo frutto del caso. Si sogna dunque, si sogna ad occhi aperti ma mantenendo sempre i piedi ben saldati a terra; i giocatori della Fiorentina sono ben consapevoli del proprio potenziale, soprattutto offensivo, ma la penalizzazione ha inevitabilmente condizionato quello che sarebbe stato un campionato da Champions League, anche se, visto che stiamo parlando di belle favole, non è detta l'ultima parola. Ma a Firenze, si sa, si è troppo scaramantici ed anche un po' realisti per credere sempre nel lieto fine.