SERIE A, Sempre più debiti e meno sponsor
Il calcio italiano Spa arranca nel tenere i conti in ordine e, salvo rare eccezioni, non riesce a portare stabilmente in utile i bilanci. Il legame con il sistema bancario e finanziario perciò si fa sempre più stretto. Il rischio concreto, se non si inverte questo trend, per esempio recuperando il terreno perso su ricavi commerciali e sponsor, è che questo legame finisca per "asfissiare" il sistema.
Del resto se la A incassa da sponsor, pubblicità e merchandising oltre 300 milioni all'anno, la Liga spagnola 450, la Premier 610, e la Bundesliga addirittura 697 milioni, qualche problema c'è. Come qualche problema, visti i nuovi scandali, c'è se una parte del mondo del calcio trova come sponsor società che operano nel settore delle scommesse (Bwin fino al 30 giugno 2012 sarà lo sponsor dell'intera Serie B, Eurobet campeggia sulle maglie del Palermo e Betclic su quelle della Juve). Tra il 2007 e il 2010, come emerge dal ReportCalcio 2011 realizzato da Arel, Figc e Pwc, i debiti di Serie A, B e Lega Pro sono aumentati da 2,2 a 2,7 miliardi. I debiti della serie A sono a quota 2,3 miliardi. La situazione debitoria verso gli altri club e verso il Fisco è migliorata grazie alle più stringenti regole d'iscrizione ai campionati. Viceversa, i debiti commerciali sono cresciuti del 39 per cento. Ma soprattutto i debiti finanziari, tra cui quelli con le banche, sono esplosi passando da 422 a 619 milioni (+47%).
Al termine della stagione 2009/2010 i debiti verso gli istituti di crediti ammontavano a 350 milioni circa per i club della massima serie. In B su 100 milioni di debiti finanziari 80 riguardano finanziamenti ricevuti dalle banche. L'aspetto più preoccupante di questo indebitamento è il fatto che a differenza di altri tornei europei, dove debiti spesso ingenti sono stati però indirizzati verso la costruzione/ristrutturazione degli stadi, in Italia (a parte l'eccezione della Juventus) i finanziamenti, come i crediti futuri ceduti con contratti di factoring, sono adoperati per far fronte alla spesa corrente.
Si pensi alla Roma costretta a ricorrere più volte al proprio creditore-azionista di riferimento – Unicredit – per recuperare la liquidità, appunto attraverso contratti di factoring (solo a marzo 2011 per 36 milioni) relativi principalmente ai futuri diritti tv, e saldare così gli stipendi arretrati di Totti e compagni. Proprio la Roma a conclusione della procedura di acquisizione da parte della cordata Usa guidata da Di Benedetto, conserverà nella proprietà la presenza al 40% di Unicredit. E molte discussioni sta sollevando, in queste settimane di battaglia sui diritti tv fra le cinque big e le 15 società medio-piccole, proprio il "conflitto d'interessi" del presidente della Lega A, Maurizio Beretta, pronto ad assumere a Piazza Cordusio la direzione della comunicazione. Il pacchetto di azioni di Unicredit nella Roma, che in futuro potrebbe essere ceduto a un investitore italiano, si pone in ideale continuità con l'eredità della vecchia Banca di Roma-Capitalia che ha avuto, direttamente o indirettamente, un ruolo strategico nelle vicende di molti club di A a cavallo degli anni Duemila, dalla Roma dei Sensi, al Parma di Calisto Tanzi (attraverso Parmalat), alla Lazio di Cesare Cragnotti. Tutte esperienze finanziariamente deficitarie. Segno di un "innesto" – quello delle logiche bancarie nel mondo del calcio – arduo da realizzare.